Cats: un film così brutto che è bello
Una piccola rinfrescata alla memoria per le persone che hanno dimenticato questo film e una piccola dimostrazione per chi finora è vissuto nella beata ignoranza:
Parlare male di “Cats”, film del 2019 diretto da Tom Hooper, è davvero molto, molto facile.
Questa pellicola si è guadagnata (giustamente, aggiungerei) nei pochi mesi trascorsi tra la sua uscita e l’inizio della pandemia il marchio d’infamia dei peggiori film.
Di “Cats” basterebbe ricapitolare le vicende produttive per poter riempire intere pagine di storia del cinema. Dal primo trailer che prese sei mesi di lavorazione al team dedicato agli effetti speciali, lasciandoli con soli quattro mesi per lavorare al film nella sua interezza, alla dichiarazione del regista di aver finito il film solo ore prima della premiere; dal rilascio a seguito dell’uscita nei cinema di una nuova versione “migliorata” alle lamentele da parte di uno dei protagonisti dell’eliminazione in fase di post produzione del suo… rigonfiamento; dalla presenza in una delle inquadrature, prima della versione “migliorata”, della fede nuziale al dito di un’attrice alla “campagna” online degli spettatori per il rilascio della leggendaria “butthole cut”, ovvero la versione del film con gli ani dei gatti in bella mostra…
Una serie di “incidenti di percorso” culminati con la critica unanime non solo della critica specializzata ma anche del pubblico e, infine, degli attori principali.
Durante la cerimonia degli Oscar 2020, infatti, due degli attori protagonisti del film, Rebel Wilson e James Corden, si sono presentati sul palco con costumi da gatto affermando che nessuno, più di loro, poteva capire l’importanza di buoni effetti speciali. Una scenetta che ha causato le proteste dei lavoratori del settore. Per quanto sia facile prendere in giro chi ha lavorato agli effetti speciali ricordiamo infatti che hanno dovuto gestire una nuova tecnologia e rendere presentabile la pellicola in tempi strettissimi e che molti di loro, dopo l’uscita del film, sono stati licenziati.
In fatto di premi, poi, questo film vanta ben sette vittorie (su sette candidature) ai Raspberry (o Razzie) Awards, premi assegnati ai peggiori film dell’anno. Tra questi “Cats” si è aggiudicato “Peggior film” e “peggior regista”. Miglior fortuna ha avuto “Beautiful Ghosts”, un brano scritto da Taylor Swift e Andrew Lloyd Webber specificatamente per il film. La canzone ha ricevuto una nomination ai Golden Globe 2020 come “miglior canzone originale”, pur non vincendo il premio.
Insomma, “Cats” è uno di quei film preceduto (anche abbastanza pesantemente) dalla propria reputazione. Ma come siamo arrivati da questo classico a questa atrocità in CGI? E soprattutto, questo film merita davvero tutto l’odio ricevuto? Scopriamolo insieme…
“Cats” ha debuttato nel 1981. La musica è di Andrew Lloyd Webber, compositore di grandi classici che abbiamo già affrontato in questa rubrica, come “Il fantasma dell’Opera” e “Jesus Christ Superstar“. L’idea del musical è nata dal un libro di poesie di T.S. Eliot, “Il libro dei gatti tutto fare”. Sono proprio le poesie contenute in questo volume a costituire i testi delle canzoni intonate dagli attori sul palco.
Lo spettacolo teatrale non ha propriamente una trama coerente. Un gruppo di gatti di strada, i Jellicle Cats, si presentano al pubblico (con cui interagiscono spesso). I gatti raccontano di come uno di loro verrà scelto dal loro capo, Old Deuteronomy, per rinascere a nuova vita nell’Heaviside Layer. Durante il musical diversi personaggi presentano sé stessi e le proprie attività. Appaiono ripetutamente, rovinando la festa, due gatti: Macavity, il “Napoleone del crimine”, e Grizabella, che è stata cacciata dal gruppo. Grizabella è anche il personaggio che intona la canzone più conosciuta dell’opera, “Memory“.
Nonostante le premesse e le critiche miste il musical ha ottenuto un enorme successo di pubblico.
La produzione del West End è rimasta in scena per 21 anni, quella di Broadway per 18 anni.
Le ragioni del successo di questo musical sono forse riconducibili al suo forte impatto visivo. Nonostante la trama dello spettacolo sia praticamente inesistente il comparto di trucco e costumi è sinceramente impressionante, e le coreografie sono inventive e visivamente interessanti. Si tratta inoltre di un musical perfetto per i bambini, con i suoi colori e la sua energia. Non a caso d’altronde il libro da cui sono tratti i testi è un insieme di poesie che Eliot mandava ai suoi figliocci. Il linguaggio è stravagante ma semplice da seguire, e i personaggi riconoscibili per la loro estetica. Il tutto coronato da un climax emotivo come “Memory”, e si ha uno spettacolo perfettamente funzionale per passare un pomeriggio con i propri figli.
Il musical è stato registrato nel 1998 e reso disponibile in VHS e successivamente DVD.
Questa versione, pur ricreando la versione musicale, ha tagliato diverse canzoni per ridurne la durata. Del cast, composto da attori di diverse produzioni di “Cats”, ricordiamo in particolar modo Ken Page nella parte del capo del gruppo, Old Deutoronomy, Elaine Paige nel ruolo di Grizabella e John Mills nel ruolo di Gus, il gatto del teatro. Mills aveva novant’anni ed era quasi totalmente cieco. La sua esibizione, insieme a quella della Paige nell’iconica “Memory”, rappresenta uno dei momenti più emozionanti della storia.
Il musical è andato in scena in diversi paesi. In Italia la prima è avvenuta nel 1995, al Palatrussardi di Milano. La produzione del West End, al momento della sua chiusura, ha iniziato un tour internazionale, che ha toccato anche l’Italia nel 2008.
La Compagnia della Rancia ha messo in scena una versione italiana nel 2009, diretta da Saverio Marconi e con Daniel Ezralow per le coreografie e la regia associata. Giulia Ottonello ha partecipato a questa produzione nel ruolo di Grizabella.
Ma come portare al cinema uno spettacolo praticamente privo di trama, composto da brani sconnessi tra loro, che si basa fortemente sull’impressione che fa il teatro dal vivo?
Stacco al 2019.
Tom Hooper aveva diretto nel 2012 “Les Miserables”, un adattamento che aveva ottenuto diverse nomination agli Oscar e grande successo commerciale. Nel momento di scegliere un regista per dirigere un nuovo adattamento di un musical tanto famoso la scelta ovviamente ricadde su di lui.
Come in “Les Miserables”, il cast è composto da una serie di personalità importanti. Dame Judi Dench interpreta Old Deuteronomy in versione femminile. L’attrice avrebbe dovuto interpretare Grizabella nella produzione originale di Broadway di “Cats”, ma all’ultimo momento fu costretta a ritirarsi, venendo sostituita da Elaine Paige.
A lei si affiancano James Corden (Bustopher Jones), l’attrice protagonista di “Pitch Perfect” Rebel Wilson (Jennyanydots), il cantante Jason Derulo (Rum Tum Tugger), Sir Ian McKellen (Gus), Idris Elba nella parte del malvagio Macavity e Taylor Swift nel ruolo della sua assistente, Bombalurina. La difficile parte di Grizabella è affidata alla cantante e attrice Jennifer Hudson, che proprio per un musical, “Dreamgirls”, ha vinto l’Oscar.
Accanto a questi grandi nomi, scelti chiaramente per attirare il pubblico, troviamo una pletora di giovani provenienti dall’ambiente del balletto. Francesca Hayward, ballerina principale del Royal Ballet, fa il suo debutto al cinema nella parte di Victoria. Questo personaggio nel musical originale era uno dei tanti gatti “sullo sfondo” della vicenda, mentre qui diventa la protagonista. Parleremo dei risultati più avanti.
Ricordiamo poi la partecipazione dell’attore protagonista della serie “Will” Laurie Davidson nella parte del gatto mago, Mr. Mistoffelees, di Robert Fairchild nel ruolo di Munkustrap, e di Steven McRae come Skimbleshanks, il gatto della ferrovia. McRae è un collega della Hayward: trattasi infatti del primo ballerino del Royal Ballet.
La produzione vantava dei set ricostruiti in scala per rappresentare il mondo umano dal punto di vista dei gatti, e agli attori fu data la possibilità di cantare in diretta com’era già stato per il precedente film di Hooper. Alle coreografie Andy Blankenbuehler, conosciuto principalmente per il suo lavoro nel musical hit “Hamilton”. Blankenbuehler si era occupato di coreografare anche la versione teatrale del 2016 di “Cats”.
Premesse ottimali, dunque: un cast stellare (per quanto forse poco esperto del genere), set reali e non ricostruiti in digitale, ottime coreografie e una straordinaria colonna sonora.
Eppure… Eppure.
Per ottenere l’effetto “gattesco” dei protagonisti si implementò una nuova tecnologia fino ad allora mai sperimentata. E credo che i risultati, qui sotto ammirabili in tutta la loro “bellezza”, parlino da soli.
Il film è stato ampiamente criticato per la sua bruttezza, e non posso negare che parte del problema stia nell’impossibilità di guardare questi esseri senza provare disgusto. Ma ridurre il problema alla computer grafica applicata sui personaggi sarebbe troppo facile, per cui cercherò di ampliare il discorso.
Come già detto il film ha cercato di dare struttura alla “storia” del musical. Victoria diventa la protagonista, come noi spettatori completamente ignara delle abitudini di questa tribù di gatti, a cui si unisce dopo l’abbandono dei suoi padroni. Dunque a Victoria sono indirizzate tutte le spiegazioni che solitamente i gatti rivolgono direttamente al pubblico in sala. Un cambiamento che nel passaggio tra i medium è stato necessario, ma che toglie l’attenzione ai veri protagonisti della storia, ovvero, come il titolo stesso dice, i gatti.
Oltre a ciò l’interpretazione della Hayward, per quanto non malvagia, è decisamente monotona, anche per colpa di una scrittura che decisamente non la favorisce. Victoria trascorre la maggior parte del film facendosi (letteralmente) trascinare da canzone e canzone e venendo contesa da diversi personaggi maschili.
questo cambiamento, che cerca anche di contestualizzare le canzoni (nel film a Victoria viene detto che i gatti cantano per dimostrare di essere degni di accedere all’Heaviside Layer), risulta abbastanza incoerente. Le canzoni che i gatti cantano dovrebbero essere rivolte a Old Deutoronomy che deve giudicare se sono degni di avere una nuova vita. Ma allora perché cantano anche quando il loro capo non è in scena?
Gran parte dei personaggi sono completamente snaturati rispetto alla (poca) caratterizzazione che avevano in origine. I casi più gravi sono certamente Jennyanydots e Bustopher Jones.
Nel musical originale la prima era rappresentata come una gatta pigra di giorno ma impegnata di notte ad educare gli animali nella sua cucina con il pugno di ferro ma al contempo con un’attitudine di madre affettuosa. Qui l’interpretazione di Rebel Wilson non solo perpetua lo stereotipo della persona pigra come automaticamente grassa, ma porta in scena anche un personaggio stizzoso, maleducato e dai modi bruschi nei riguardi dei suoi allievi. In diverse occasioni mangia quegli stessi animali che dice di star educando. Una scena che sembra uscita da un film di Guillermo del Toro piuttosto che da uno pensato per i bambini.
Bustopher Jones nel musical era sì grasso ma anche e soprattutto raffinato e uomo di mondo. James Corden in questa parte è rozzo e ghiottone, dedito al rovistare nella spazzatura e per niente di garbate maniere. E anche qui, le battute sulle persone grasse si sprecano. Oh, che gioia.
Mr. Mistoffelees nel musical originale appare nella parte di protagonista solo alla fine, in un numero energetico in cui mette in scena diversi trucchi di magia. Dal poco che vediamo di lui lo percepiamo come un personaggio sicuro delle sue abilità e affatto agitato dalle richieste degli altri gatti.
Nel film non solo il suo numero smorza di molto i toni, ma il suo intero personaggio appare come un gatto insicuro e imbranato che solo alla fine riesce ad eseguire una magia grazie al potere del credere in sé stesso. Bello.
Oltre a ciò il suo personaggio da molti fan del musical è interpretato come omosessuale o quanto meno appartenente alla comunità LGBTQ+.
Le sue interazioni con Rum Tum Tugger, gatto dai modi provocanti, dimostravano una certa intimità nello spettacolo, e nel corso degli anni diverse produzioni hanno inserito ancora più momenti tra i due, strizzando l’occhio a una possibile relazione.
Nel film Mistoffelees ha una relazione molto etero con Victoria, la nuova arrivata. Affascinante.
Macavity era un personaggio solo citato, un’ombra malefica che si stende sui gatti e che appare solo alla fine per catturare Old Deuteronomy. Qui il malvagio appare diverse volte, catturando via via i protagonisti sperando che così Old Deuteronomy scelga lui per andare all’Heaviside Layer. Questo nonostante catturi all’incirca cinque gatti su una tribù composta di almeno cinquanta membri.
Un altro bel paio di maniche è costituito dal fatto che durante il film appaiano più volte manifesti con la faccia di Macavity, che lo indicano come “ricercato”, ma nonostante ciò tutti i gatti si avvicinano a lui senza timore alcuno. Direi che tutto fila liscio.
Il personaggio di Bombalurina nel musical era quello di una semplice gatta che cantava in un duetto la canzone “Macavity”. Qui apparentemente è stata direttamente promossa ad assistente del cattivo.
Mi limiterò a far notare questo dettaglio perché paradossalmente, per quanto la sua voce non sia decisamente adatta a questo tipo di canzone, ho trovato l’interpretazione di Taylor Swift uno dei punti alti del film. La cantante abbraccia le movenze feline del personaggio e lo fa suo, dominando la scena con la propria presenza.
Altro momento che trovo sinceramente ben fatto, se si riesce a passare sopra alla sempre orripilante grafica, è quello del brano dedicato a Skimbleshanks, il gatto della ferrovia. Il numero di tip tap, anche se ripreso male in un paio di punti, è decisamente il più interessante in tutto il film, e l’accompagnamento musicale e vocale è molto piacevole.
Judi Dench e Ian McKellen interpretano le loro parti con un filo di voce, ma mi sento di dare un plauso al secondo. Pur non essendo eccezionale, sono riuscita a percepire della sincera emozione nella sua interpretazione di Gus. Difficile non crederlo, quando un uomo con una simile carriera sulle spalle interpreta un personaggio che ricorda le sue vecchie glorie sul palco.
Nonostante le lodi ricevute non mi sento di dire che l’interpretazione di Jennifer Hudson sia un punto forte del film.
Interpreta il personaggio con la voce impastata di pianto, un fatto che non rende giustizia alle sue capacità vocali.
“Memory”, che dovrebbe essere il pinnacolo emotivo della vicenda, risulta stranamente sottotono. Grizabella dovrebbe spiccare tra i gatti a causa della sua diversità e perché a nessuno come a lei è dedicato tanto spazio per esprimersi in maniera intima. Qui abbiamo diversi personaggi che si esprimono molto più a lungo di Grizabella, in primis Victoria, per cui quando “Memory” inizia a noi interessa poco di lei. E se c’è una cosa fondamentale, per una produzione di “Cats”, è che al pubblico interessi di Grizabella.
Insomma, gli effetti sono brutti, i personaggi sono stati snaturati, e la trama è ancora più noiosa e dispersiva di quanto non fosse nel musical. Ma almeno la musica sarà bella, giusto? Beh… nì.
Nonostante le immagini del dietro le quinte ci dimostrano che un’orchestra è stata coinvolta nella produzione, le basi delle canzoni risultano molto scarne, se non sgradevoli da ascoltare. Probabilmente l’elemento più irritante è il ricorrere di quello che sembra essere un sintetizzatore (difficile a dirsi, comunque) e la conversione di alcune canzoni in una forma che rimanda al pop.
La vittima più evidente di questo processo è “The Rum Tum Tugger”. La musica di questa versione si adatta più a una viziata pop star che non alla rockstar dal forte sex appeal del musical originale. D’altronde già da qualche anno si è cercato di “modernizzare” la figura di Tugger, tanto che in alcune produzioni il suo numero è andato in scena con musica rap. Ringraziamo che almeno questo non sia stato inserito nel film.
Oltre a ciò, rispetto al musical il film mantiene la propria attenzione solo su alcuni personaggi principali, negligendo gli altri.
Il musical “Cats” è pensato per essere corale, per racchiudere in sé una grande quantità di personaggi riconoscibili. In questo modo per il pubblico è facile scegliere il proprio preferito. Diversi gatti cantano le canzoni, apparendo più volte nell’ensemble prima di avere un numero a loro dedicato o un assolo.
Nel film “Cats” le canzoni sono interpretate da un numero ridotto di personaggi, per cui il cast sembra comporsi di un gruppetto ristretto di protagonisti attorniati da una serie di figure non importanti. Certo, anche nel musical alcuni personaggi spiccavano più di altri, però quasi tutti gli attori avevano una loro possibilità di brillare.
E non sono bastate tutte queste righe per parlare di tutto ciò che c’è di sbagliato nella sceneggiatura: le battute che non fanno ridere, i giochi di parole a tema “gatto”, il fatto che Victoria consideri questi gatti appena conosciuti come la sua nuova famiglia, il fatto che Tugger conosca il nome della nuova arrivata nonostante nessuno li abbia presentati, il fatto che old deutoronomy si preoccupi della presenza di una nuova arrivata solo dopo un’intera scena in cui ha ballato in pista, il fatto che nel momento in cui macavity attacca i gatti nessuno protegga il loro capo…
E che dire del reparto costumi? Perché alcuni gatti camminano a piedi scalzi e alcuni indossano le scarpe? Da dove le prendono? E perché alcuni indossano delle pellicce? Soprattutto, con cosa sono fatte? Le classiche domande che tutti gli spettatori si sono già posti e le cui risposte sarebbero probabilmente più interessanti di tutto ciò che accade in “Cats”.
Stendiamo poi un velo pietoso sul montaggio. Per dimostrarne l’inappetenza basterebbe ricordare la scena in cui i gatti prigionieri di Macavity riescono a liberarsi. Una scena che dovrebbe essere piena di pathos e molto veloce ma che si trascina invece con inquadrature lunghe e statiche, concentrate poi su dettagli inutili.
Giustamente poi mi è stato fatto notare da un’amica con cui ho visionato la pellicola che anche le luci sono veramente mal posizionate, e fanno sembrare ancora più “plasticose” le superfici.
La tensione sessuale tra i gatti è una costante di “cATS”, con risultati abbastanza imbarazzanti soprattutto nei riguardi di Victoria.
D’altronde la componente erotica e fisica era già presente nel musical originale, di cui ricordiamo a titolo di esempio le mosse diciamo esuberanti di Tugger e le coreografie sensuali di Bombalurina. L’imbarazzo cresce però di gran lunga in questo film vista la bruttura dei modelli in CGI e l’effetto che si ottiene quando uno o più di questi cercano di mettere in scena la carica erotica. Particolarmente raggelante la scena in cui Tugger prende un piede di Victoria tenendolo davanti a sé a mò di microfono.
Peccato davvero perché le coreografie, quando non sono riprese male o quando i modelli non producono effetti ridicoli, sono davvero impressionanti. Si vede che la produzione ci teneva ad utilizzare professionisti, peccato che il loro lavoro sia stato così sprecato. E alcune canzoni, specialmente le sezioni corali, nonostante le basi risultano ancora piacevoli all’udito.
In poche parole, “Cats” è uno dei film più incompetenti che abbia mai visto. Merita di essere messo al pari di grandi classici di bruttezza come “The Room” o “Manos-The hand of fate”? Assolutamente no. Almeno in questo film ci sono alcuni, per quanto pochi, elementi positivi. Ma è un film tremendamente mal fatto sotto ogni punto di vista che ha fatto tutte le scelte sbagliate possibili. E io lo adoro per questo.
Lo farei rientrare senza vergogna in quella categoria di film definiti “così brutti da essere belli”, perché da tempo non ridevo tanto. è quasi impressionante, se ci si pensa, che un singolo film possa fare così tante cose nella maniera sbagliata, e la ritengo un’impresa davvero impressionante.
Il mio consiglio è: se volete godervi “Cats” il film guardatelo con degli amici, magari con un bicchierino d’alcool per accompagnare la visione, e ridete insieme giocando a chi trova più errori. Se volete vedere un prodotto ben fatto invece guardate la versione del 1998.
E vi lascio ricordandovi che, come dice il saggio Old Deutoronomy alla fine di “Cats”, un gatto… Non è un cane.
Silvia Strambi
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