Ghost: poteva essere un salto nel vuoto, diventò un volo d’angelo

Ripercorriamo la storia di Ghost, da possibile disastro a una storia d’amore perfetta come un volo d’angelo mozzafiato

Avete mai fatto un salto nel vuoto? Non il bungee jumping, quello io davvero mai, ma iniziare un’impresa che non ha garanzie di successo.
In questi mesi così particolari, molti, per necessità o per “riempiere” la vita che non era più come quella di prima, hanno iniziato attività che…chissà se e dove porteranno mai.


Mi sono imbattuta nell’intervista di qualche tempo fa di Demi Moore che, dopo trent’anni di vita di Ghost, dichiarò che all’epoca, quando le proposero il film, era molto preoccupata se accettare o meno. Quando lesse il copione pensò che “poteva essere un disastro totale”.
GHOST IL MUSICAL Mirko Ranù e Giulia Sol (ph. Attilio Marasco)


Il film debuttò nelle sale americane il 13 luglio 1990 e in Italia qualche mese più tardi. Era costato circa 20 milioni di dollari e ne incassò inaspettatamente più di 500 in tutto il mondo. Fu candidato a cinque premi Oscar e vinse quello per la miglior sceneggiatura originale e Whoopi Goldberg venne premiata come miglior attrice non protagonista.


In Italia, il musical omonimo, che abbiamo amato e applaudito, è stato portato nei teatri dalla Show Bees di Gianmario Longoni in collaborazione con Colin Ingram e Hello Entertainment, sul libretto di Bruce Joel Rubin per la regia di Federico Bellone. Ad intrepretare Sam, Mirko Ranù, e Giulia Sol nei panni di Molly. Gloria Enchill ha interpretato Oda Mae e molti altri artisti hanno reso anche sul palcoscenico gli effetti spettacolari che abbiamo visto nel film, grazie anche al lavoro dell’illusionista Paolo Carta.


Uno spettacolo che stava riscuotendo successo e che è stato sospeso, come tutti, per l’emergenza sanitaria.

Ghost il musical-Mirko Ranù e Giulia Sol (ph-Attilio-Marasco)

Quando uscì per la prima volta il film nel 1990 l’ipotesi che potesse essere un salto nel vuoto c’era.

Bruce Joel Rubin scrisse la sceneggiatura negli anni Ottanta dichiarando di essersi ispirato all’Amleto di Shakespeare.

La prima stesura era molto cupa e per questa ragione la tenne per sé per una decina d’anni. Inoltre, quando venne presa in considerazione la storia, la regia sarebbe stata (come è accaduto) di Jerry Zucker. Insieme al fratello David e a Jim Abrahams aveva scritto e diretto “L’aereo più pazzo del mondo”. Capite bene che c’erano davvero tutte le premesse di un disastro totale: un lavoro ispirato a una tragedia di Shakespeare in mano ad un registra che aveva diretto una commedia comica e il ruolo della protagonista ad un’attrice, all’epoca, non molto nota.
La collaborazione tra Rubin e Zucker fu molto proficua: si disse che la storia fu riscritta una ventina di volte prima di arrivare alla sceneggiatura che oggi tutti conosciamo.

Una storia d’amore emblematica, l’aggiunta dell’elemento magico dato dal fantasma, la vita oltre la morte e momenti di comicità perfettamente calibrati nell’intreccio.


Anche la scelta dei protagonisti fu inizialmente un “salto nel vuoto”.
Demi Moore aveva all’attivo alcuni film, tra cui A proposito della notte scorsa di Edward Zwick e Non siamo angeli di Neil Jordan.

Patrick Swayze fu scelto dopo molti, tra cui Bruce Willis che consigliò la Goldberg per il ruolo della medium. Swayze, sebbene già noto per Dirty Dancing, ebbe un compito non semplice, cioè quello di far comprendere l’anima nobile del personaggio di Sam nelle vesti di “fantasma”, recitando da solo senza interagire con gli altri. Una scelta che doveva rendere quel distacco poi rappresentato nel film, tra gli umani e quelli come lui, ancora nel “limbo” tra questa e l’altra vita.


Infine, Demi Moore decise di tagliarsi i capelli, senza dir nulla alla produzione, dando al personaggio di Molly un’aria decisamente moderna e originale.

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Siamo stati messi di fronte a molti salti nel vuoto in questo periodo e spesso ci è sembrato di precipitare.

Ghost ci insegna che “un brutto film che piacerà a molti” come lo definì il Time, può trasformarsi nella storia di tutti i tempi.

Quella frase “è meraviglioso, Molly, l’amore che hai dentro portalo con te” resta l’emblema dell’amore eterno, insieme al momento in cui la coppia modella il vaso d’argilla.

Tra l’altro, nella scena finale, in lingua originale i protagonisti non si dicono addio, come è il doppiaggio in italiano, ma “See you“. Come dire che l’Amore aspetta anche nell’eternità.

Una storia che, da salto nel vuoto, si è trasformata in un volo d’angelo mozzafiato e perfetto, con un atterraggio da manuale.

Sarah Pellizzari Rabolini

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