La storia del Cinema-Teatro Centrone di Gravina in Puglia, gigante frequentato dai grandi artisti.
“Che senso ha spendere soldi, per tornare a casa senza ricordi?”
Recita così una strofa della canzone A Milano, scritta e interpretata dalla giovane artista novarese Alice Brizzi.
Un brano personale, dal sapore dolceamaro, che descrive con melodica minuzia la frenesia della notte meneghina vista dagli occhi di una ragazza come tante, alla ricerca di sé stessa tra i viali del capoluogo lombardo.
A Milano parla di un’indagine interiore, capace di riguardare chiunque e al tempo stesso esaurirsi, per tanti o per qualcuno, nell’ebbrezza di gioie meteoriche destinate a scomparire col ritorno alla realtà.
È un atteggiamento più diffuso di quanto si pensi, che dal canto di Alice Brizzi unisce le persone e le cose di tutta Italia in un rapporto presente al nord quanto al sud.
Anzi, proprio in questa porzione dello stivale, così distante e opposta dalla città della Madonnina, la strofa di A Milano trova la sua applicazione più concreta.
Nel cuore dell’Alta Murgia, infatti, c’è un tempio dell’arte sconsacrato che ne soffre le conseguenze da più di trent’anni: è il vecchio Teatro Centrone di Gravina in Puglia.
Tra i vicoli assolati dello splendido comune barese, poche persone ne preservano ancora la memoria. La maggioranza dei gravinesi, invece, sembra essersi completamente dimenticata del suo storico teatro.
Colossale esempio di stile Liberty post-bellico, troneggia tutt’oggi in un angolo di corso De Gasperi, a due passi dal centro storico di Gravina.
Eppure, la sua imponente bellezza passa del tutto inosservata.
La storia del Teatro Centrone parla di musica, spettacolo e presenze di rilevanza internazionale, che hanno reso grande il mondo culturale del barese per quasi mezzo secolo.
Ma a Gravina in Puglia, di tutto questo, non resta altro che una scatola vuota.
Dopotutto, se una casa dell’arte come il Teatro Centrone non rappresenta ricordi, che senso avrebbe spendere soldi per restituirle il prestigio di un tempo?
La vita del Teatro Centrone ha inizio negli anni Quaranta del Novecento, subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale.
Dalla vicina località di Grumo Appula, in provincia di Bari, l’imprenditore Leonardo Centrone si trasferisce in pianta stabile a Gravina in Puglia e cerca di reinventarsi dopo i tremendi anni della guerra.
Centrone aveva un passato da operaio e si era arricchito divenendo proprietario di alcune cave di tufo presenti nell’area circostante Gravina.
Le terre dell’Alta Murgia, infatti, sono caratterizzate da una superficie rocciosa scavata nei secoli da corsi d’acqua e agenti atmosferici, i quali hanno contribuito a creare i suggestivi canyon che oggi anno attirano turisti da tutto il mondo.
Ogni canyon (o gravina, dal gergo locale) rappresentava un vero e proprio scrigno di materiale edile, ricercatissimo nel periodo della ricostruzione post-bellica.
Forte della sua esperienza, Leonardo Centrone si occupa di estrarre e commercializzare il tufo in tutta Italia, registrando grossi ricavi anche grazie all’impiego di innovative macchine per il taglio della pietra da lui stesso inventate.
Nel giro di poco tempo, gli affari danno i primi frutti e Centrone accumula un ingente patrimonio, che intende utilizzare per un investimento a lungo termine tanto sicuro quanto redditizio.
Nonostante la forte crisi economica e le devastazioni lasciate dalla guerra, il settore della cinematografia era in costante crescita e riscontrava sempre più consenso nell’opinione pubblica, in cerca di un intrattenimento diverso e non più monopolizzato dal regime fascista.
Convinto delle potenzialità del cinema, Centrone decide di dedicarvisi a tempo pieno e tenta un primo investimento a Bari con l’acquisto del cinema-teatro Margherita.
Tuttavia, la struttura risalente al 1914 era sottoposta a vincoli burocratici e politici, in quanto occupata già dal 1943 dagli Alleati angloamericani.
Questi ultimi l’avevano trasformata in una struttura ricreativa per i soldati di stanza in Puglia, ribattezzandola “Garrison Theatre” e riservandola al solo uso militare.
Perciò, a malincuore, Centrone è costretto ad annullare l’investimento. Ad ogni modo, non si perde d’animo.
Decide infatti di costruire il suo teatro personale, con lo scopo di avviare una nuova attività e dotare Gravina di uno spazio culturale aperto al pubblico.
Nella zona dell’attuale corso De Gasperi, Centrone apre il cantiere del suo teatro nel 1946 e l’anno successivo, la sera dell’Epifania, il suo sogno prende finalmente corpo.
La cerimonia d’inaugurazione del Cinema-Teatro Centrone si tiene il 6 gennaio 1947 ed è un evento di caratura eccezionale.
Rappresenta infatti il desiderio di rinascita di tutti i pugliesi, la voglia di vivere e ricominciare dopo i bombardamenti e gli spargimenti di sangue degli anni precedenti.
La struttura è a dir poco mastodontica: il neonato teatro somiglia ad un castello svevo e fonde gli elementi più tipici del tardo Liberty coi dettami dello stile Neoclassico.
Leonardo Centrone aveva commissionato il progetto ad un architetto tedesco, le cui generalità sono tutt’ora ignote.
Aspirava a un edificio grande, maestoso, che racchiudesse l’anima tradizionale e moderna della Puglia, in grado di accogliere tanti spettatori con una sala ariosa e all’avanguardia.
Non si sa a cosa si sia ispirato l’architetto, né tantomeno che formazione avesse.
Tuttavia, il risultato del suo lavoro non aveva eguali in nessun altro comune del barese e avrebbe mantenuto il primato a lungo.
Lo schema di costruzione del Teatro Centrone coniugava le esigenze dell’epoca contemporanea con i gusti e l’eleganza del passato.
Vagamente simile alle geometrie di Castel Del Monte, la sua facciata esterna presentava due imponenti volumetrie laterali, che sporgevano in avanti delimitando al centro l’ingresso principale.
Quest’ultimo era costituito da un grosso portone ligneo sovrastato da un’elegante loggia balaustrata, sorretta da due colonne con capitello d’ordine dorico.
Al di sopra della loggia campeggiavano le due finestre del ridotto, delimitate da altre tre colonnette doriche.
Più sopra ancora, a mo’ di rosone, spiccava una finissima apertura a vetri polilobata, racchiusa in una sobria cornice in pietra che ne riprendeva i profili ondulati.
La composizione si chiudeva sulla sommità con un cornicione dentellato d’ispirazione classica, sormontato da un parapetto con motivi geometrici più vicino allo stile Liberty.
Gli spazi interni si aprivano subito dietro l’ingresso principale, dapprima con la biglietteria a triplo sportello e in seguito col foyer.
Quest’ultimo presentava un soffitto molto alto ed era caratterizzato da una tappezzeria lignea, da cui si aprivano le porte dei locali di servizio e, sul lato nord, il portale d’accesso alla platea.
Nel suo complesso, il Teatro Centrone contava un totale di 2000 posti a sedere, una proporzione straordinaria per una cittadina di provincia come Gravina in Puglia.
I posti erano suddivisi tra la platea, due ordini di palchi laterali e due gallerie ed erano costituiti da antiche poltroncine in legno.
Ciascun ordine di palchi era sorretto da imponenti pilastri cementizi ed era delimitato da parapetti di colore blu, così come le gallerie.
In fondo alla struttura, si ergeva il palcoscenico lungo 14 metri e alto 7, sotto il quale s’apriva la cavea destinata ad ospitare l’orchestra.
Poco sopra il sipario e lungo tutto il soffitto, invece, erano piazzati dei pannelli insonorizzanti d’alluminio.
Per rendere possibili le rappresentazioni cinematografiche, Leonardo Centrone aveva fatto realizzare una cabina di proiezione nel locale retrostante l’apertura polilobata della facciata.
Qui vi aveva posto una cinepresa Prevost P30, un autentico gioiello della tecnologia anni Quaranta fabbricato negli stabilimenti dell’omonima azienda milanese.
La macchina, originariamente, funzionava a carbone ma il modello montato al Teatro Centrone è stato modificato per permettere il funzionamento a lampada alogena.
Tale modifica si era resa necessaria con le nuove norme di sicurezza per i luoghi di pubblico spettacolo, giacché il funzionamento a carbone, oltre ad essere antiquato, presentava alto rischio di incendio.
Dal 1947 in poi, per il Cinema-Teatro Centrone di Gravina in Puglia si apre un lungo periodo fatto di successi e serate da tutto esaurito.
La sua sala accoglieva pubblico da tutta la provincia di Bari e, conseguentemente alla crescita della fama, anche da tutta la regione.
Ospitava periodicamente spettacoli di prosa, rassegne cinematografiche coi migliori film del momento, convegni d’ogni genere e stagioni di concertistica.
A volte, in via del tutto eccezionale, si ospitavano anche gare sportive.
Celebri, infatti, sono gli incontri di pugilato ospitati al Teatro Centrone, con la platea modificata e trasformata in un grande ring temporaneo.
I cittadini gravinesi amavano la geniale opera di Leonardo Centrone e non c’era occasione in cui la maggior parte dei posti non fosse prenotata.
Negli anni Settanta però, in concomitanza coi primi lavori di restauro, Centrone percepisce il cambiamento dei tempi e decide di adeguarsi progettando un nuovo salto in avanti.
Ordina la costruzione di una nuova sala destinata al solo utilizzo cinematografico, ricavata in mezzo alle due gallerie e dotata di ingresso indipendente.
Tale spazio, ribattezzato “saletta Italia”, era fornito di macchine moviole e contava 150 posti totali.
L’operazione di Centrone era quanto di più lungimirante ci fosse all’epoca: l’obiettivo era aumentare l’offerta di film e il numero degli accessi attraverso lo smistamento degli spettatori, incoraggiando la visita di quella fetta di pubblico più incline al cinema che al teatro.
Prima che diventassero la moda, Leonardo Centrone aveva sfoderato le sue capacità d’inventore brevettando un pionieristico cinema multisala.
La popolarità del Teatro Centrone cresce a dismisura tra gli anni Settanta e Ottanta, con le esibizioni delle stelle più amate del firmamento musicale italiano.
A calcare il suo palcoscenico sono nomi come Domenico Modugno, Riccardo Cocciante, Francesco De Gregori, Ron, i Cugini di Campagna e i famosissimi New Trolls.
A dominare le serate di prosa sono le sceneggiate dell’attore napoletano Mario Merola, presenza fissa sul palco del Centrone.
Al tempo stesso, a dare lustro ai convegni sono il Presidente emerito della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano e il noto fisico e divulgatore scientifico Antonino Zichichi.
È un vero periodo d’oro per il Cinema-Teatro Centrone, divenuto a tutti gli effetti uno degli spazi culturali più importanti del barese con affluenze da tutta Italia.
Un incanto che, tuttavia, era alle battute finali.
Alla Vigilia di Natale del 1985 avviene la morte dell’imprenditore Leonardo Centrone.
La grande nomea e il rispetto di cui godeva a Gravina gli garantisce un funerale con tutti gli onori, dove la bara è portata a spalla dalle stesse maestranze che avevano lavorato alla costruzione del Teatro Centrone.
La gestione della struttura passa quindi in mano agli eredi, che si trovano dinanzi a un mondo coinvolto in un progresso rapidissimo e inarrestabile.
A cavallo degli anni Novanta, infatti, approda anche in Italia il sistema degli home video e la grande distribuzione dei VHS si diffonde a perdita d’occhio.
La possibilità di godersi un film dal divano di casa, grazie a una videocassetta acquistata da Blockbuster o da altri franchising simili, causa un brusco calo d’affluenza in tutti i cinema e il danno economico è senza pari.
A risentire del salasso sono soprattutto le sale a conduzione familiare, incapaci di sostenere i sempre più alti costi di gestione nel periodo più difficile per le rassegne teatrali e cinematografiche.
Così, dopo ben 47 anni di onorata attività, la fiamma del Cinema-Teatro Centrone si spegne nell’indifferenza generale.
Piegati da una situazione insostenibile, gli eredi Centrone sono costretti a chiudere l’attività e nel 1990 l’opera magna dell’imprenditor Leonardo viene sigillata per sempre.
Pochi anni dopo la chiusura, l’attuale proprietario Giovanni Cancellara tenta un intervento di riqualifica del Teatro Centrone.
Cancellara è nipote in linea diretta di Leonardo Centrone e, proprio come il nonno, nutre la passione per le arti e il cinema.
Decide pertanto di trasformare il teatro in disuso in un museo del cinema, avvalendosi della collaborazione dell’amico Nico Carasola.
Quest’ultimo, attore e regista molto celebre in Puglia, dona a Cancellara del materiale proveniente dalla sua collezione, al fine di vederlo esposto negli spazi del Teatro Centrone.
Sfortunatamente, per ragioni non del tutto chiare, il progetto si concretizza in un nulla di fatto e finisce nel dimenticatoio.
Negli anni Duemila, Giovanni Cancellara tenta nuovamente di riqualificare l’opera del nonno.
Secondo una perizia effettuata dalla Regione Puglia, la struttura versa in condizioni discrete e il suo valore economico è stimato in 75mila euro.
Pur di rivederlo aperto, tra il 2008 e il 2010 Cancellara mette a disposizione il Teatro Centrone per ospitare rassegne culturali e festival locali di cortometraggi.
Nel frattempo, continua a coinvolgere le istituzioni nella disperata speranza di trovare fondi e supporto per ridare nuova vita al teatro gravinese.
Anche stavolta, però, la situazione non è sostenibile.
Gli alti costi di mantenimento della struttura (peraltro non a norma) costringono Cancellara a chiudere nuovamente il Teatro Centrone, condannandolo suo malgrado a uno stato d’abbandono totale.
Nel 2020, rassegnato alla fine del sogno del nonno, Giovanni Cancellara mette in vendita l’edificio e confida nei privati per la riqualifica dell’amato teatro.
Degli antichi fasti del Teatro Centrone restano solo sparute tracce.
Dopo trentun anni di completo abbandono, i segni del tempo si fanno sentire e il buio avvolge senza pietà ciò che resta dell’enorme platea.
Cumuli di polvere e calcinacci tengono sotto scacco il palcoscenico e le gallerie, mentre il legno delle poltroncine marcisce giorno dopo giorno divorato dall’umidità.
La platea è una piazza vuota, spoglia, privata del suo stesso prestigio.
La saletta Italia è ridotta a un ripostiglio colorato e le moviole si accalcano assieme ai vecchi manifesti d’epoca nel foyer.
La robustezza della cinepresa Prevost P30 è ormai corrosa dal guano di piccione, depositatosi in massa in seguito alle incursioni dei volatili dall’apertura polilobata mezza infranta.
La bellissima facciata, coi suoi dettagli Liberty e Neoclassici, è macchiata dall’incuria ma non ha perso il suo fascino inusuale.
Continua imperterrita a osservare lo scorrere dei giorni, in quella Gravina che l’ha amata e dimenticata con la stessa scialba velocità.
Torna ancora alla mente la strofa di Alice Brizzi, la futile leggerezza di un presente che dimentica il passato.
La triste condotta di Gravina in Puglia, città d’arte sugli occhi di tutti, che perde sé stessa disinteressandosi del tempio che l’ha resa grande.
Appare così la storia del Teatro Centrone, una stupenda notte di luci ed ebbrezza esauritasi al sorgere del mondo moderno.
Una notte che tutti vorrebbero rivivere, ma che pochi hanno il coraggio e la voglia di ricordare. Che senso ha spendere soldi, se questa casa ai più non suscita ricordi?
Le rovine del Cinema-Teatro Centrone non hanno mai smesso di aspettare.
E aspettano, aspetteranno ancora. Anche se ci sarebbe tanto da dare.
Anche se ci sarebbe troppo, ancora, da dire.
Simone Bodini
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