InVIOLAta
il 17 novembre al factory32 di Milano
Genere Teatro Civile
Drammaturgia e regia David Marzi e Teresa Cecere
con Maria Barnaba, Sandra Di Gennaro, Ilenia Sibilio
Allestimento scenico Lisa Serio
Musiche di scena Kemonia
Cunto Mario Incudine
Produzione SenzaConfine
Franca Viola ha distrutto una delle massime più imperiture e utilizzate dell’essere umano: “i panni sporchi si lavano in famiglia”.
In questa frase si cela una cultura intera. Non è solo un motto, è un’impalcatura culturale
che ci ha permeato senza possibilità di scampo. Tutti, prima o poi, dobbiamo farci i conti.
Un conflitto familiare, un’improvvisa crepa sentimentale, il tradimento, la malattia, una
difficoltà economica difficile da sormontare, sono solo alcuni degli episodi di una vita che ci
mettono davanti alla questione del “come” e del “cosa” lasciar trapelare all’esterno, pur di
non vedere scalfita la facciata che faticosamente abbiamo costruito negli anni.
La scena è composta da vestiti stesi, mollette, fili, e viene abitata da ragazze giovani, che
con gli abiti giocano, li sbeffeggiano, li profanano. Il vecchio adagio misogino che vorrebbe
la donna muta e relegata alle sole mansioni domestiche, viene sgretolato da un’azione
scenica dissacrante e “svergognata”.
Il senso della vergogna e dell’onore, sono stati i due concetti trainanti di “InVIOLAta”.
Li abbiamo scandagliati attraverso il ritmo, la satira e la corporeità di tre attrici che passano dal maschile al femminile, dal sacro al prosaico, dalla danza alla parola senza pause e, spesso, sovrapponendo gli stili.
Le ragazze, in scena, non hanno pudori.
Svergognate come le donne che, in quegli anni perdevano la verginità senza poi sposarsi.
Disonorate. Come Franca, e come il titolo di uno dei testi da cui abbiamo attinto maggiormente.
Nel 1962 la giornalista Lieta Harrison scrive un libro/inchiesta colpevolmente finito nel
dimenticatoio: “Le Svergognate”, appunto. In questo gioiello letterario – la cui prefazione è
stata scritta da Pier Paolo Pasolini – l’autrice gira la Sicilia intervistando donne e uomini di
ogni età ed estrazione sociale intervistandoli sulla sessualità, l’adulterio, il “matrimonio
riparatore” e il delitto d’onore.
Lo spaccato che ne esce è atroce, eppure incredibilmente potente. Volevamo, però, andare ancora più a fondo. Studiando la vicenda di Franca Viola non emerge solo la violenza sessuale, la mafia e il sessismo. La storia di questa ragazza è una storia di Stato. Lo Stato era presente negli Articoli 522 – Ratto a Fine di Matrimonio – 544 – Matrimonio Riparatore – e 587 – Delitto d’onore – di un Codice Penale che si dimostrava arretrato e, in parte, complice dei reati commessi.
Per raccontare le contraddizioni crudeli di questa pagina ancora attuale, ci siamo avvalsi di un team tutto siciliano.
Il Cunto, in “InVIOLAta” diventa simbolo di ribellione. In Sicilia, questa splendida arte orale è sempre appartenuta al mondo maschile. Abbiamo quindi deciso di rompere lo schema affidandolo a una giovanissima attrice di sedici anni, in pieno accordo con una ragazza che, sessant’ anni fa, ha divelto uno sistema apparentemente indistruttibile, lavando i suoi panni di fronte a una nazione intera.
Il 17 dicembre 1966 è il giorno in cui la storia è cambiata.
La vita di Franca Viola è una di quelle storie che (quasi) tutti sanno ma nessuno conosce davvero. Questo, perché scandagliare la vicenda familiare e processuale attorno a quella data, ci costringe a guardare dentro una botola scura in cui giace, nascosta, parte della nostra cultura, della nostra legislazione e del nostro retaggio sociale. Franca Viola ci obbliga a realizzare che, dentro casa nostra, esiste un tappeto dove abbiamo frettolosamente provato a nascondere la polvere di un passato che, ancora oggi, sembra non voler sparire del tutto.
All’epoca, l’articolo 544 del codice penale recitava così:
”Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”; in altre parole, ammetteva la possibilità di estinguere il reato di violenza carnale, anche ai danni di minorenne, qualora fosse stato seguito dal cosiddetto “matrimonio riparatore”.
Le parole che avete appena letto, hanno incatenato per anni, decine e decine di donne, a dei
matrimoni coatti con i propri aguzzini. Fino a quando una giovanissima ragazza, che abitava
nella Sicilia rurale di Alcamo, ha detto no.
Un anno prima, Franca Viola, all’età di diciassette anni, fu rapita e violentata da Filippo Melo
dia, nipote del boss ma oso Vincenzo Rimi. Otto giorni di segregazione, digiuno forzato e
percosse. Al momento della sua liberazione, per tutti il matrimonio era la via più scontata,
quasi automatica.
Per tutti, ma non per lei e la sua famiglia.
InVIOLAta sarà al factory32 di Milano il 17 novembre. Per biglietti e informazioni consultare il sito.