Il 20 marzo 2025 è andato in scena al Teatro Curci di Barletta “Io sono Franco – Storia di un uomo normale”, interpretato da Franco Ferrante e con drammaturgia di Lidia Bucci, e che rientra negli spettacoli organizzati da Puglia Culture.

Lo spettacolo, presentato in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, racconta la storia di Francesco Marcone, il direttore dell’Ufficio del Registro di Foggia negli anni ’90, ucciso dalla mafia a seguito di una denuncia riguardante alcuni traffici illeciti nel mercato edilizio foggiano.
LO SPETTACOLO
Si tratta di un monologo interamente recitato da Franco Ferrante, nel quale viene raccontata la storia di Francesco Marcone.
Vengono spiegate le sue origini: il padre durante la Seconda Guerra Mondiale si impegnò a portare in salvo quanti più libri possibili dalla Biblioteca Provinciale di Foggia. Questo gesto lascerà in Francesco un profondo amore per la cultura.
Francesco viene ucciso nell’antro del portone di casa sua, luogo che nello spettacolo viene descritto come buio. Lo stesso buio che avrebbe avvolto quella serata che accompagnava i loschi affari che ormai Marcone aveva portato alla luce.
Franco Ferrante riesce a trasmettere tutta la profondità di questo spettacolo, e si impegna, riuscendoci perfettamente, a mettere in evidenza l’onestà di Francesco Marcone, sottolineando quanto fosse un uomo “franco” di nome e di fatto. Proprio questa caratteristica l’ha portato alla sua fine.
Il sottotitolo dello spettacolo è “Storia di un uomo normale”.
Durante tutto il monologo, viene ricalcata la normalità della sera in cui è avvenuto l’assassinio.
La serata di un uomo normale che era tornato dal suo lavoro normale, dalla sua famiglia normale, pronto a passare un’altra serata normale. Se solo non fosse stato per quel gesto di onestà e di amore nei confronti del suo lavoro e della sua Foggia, che l’ha portato a denunciare cosa stava accadendo, mettendosi così nelle mani di qualcosa di più grande e pericoloso.
Nello spettacolo si passa continuamente da riferimenti alla sua infanzia, a quanto fosse legato alla sua famiglia e al suo papà, perso prematuramente, al presente e alle sue abitudini.
Fino ad arrivare alla sua morte, dove immagina un emozionante dialogo col suo papà, che ormai doveva raggiungere, portandosi dietro il dolore dei suoi figli, che vedendo ciò che era successo, pronunciavano quella parola a cui lui stesso era molto affezionato: “papà”.
LA SCENOGRAFIA
La scenografia è ridotta a un orologio rotto, che Marcone aveva in programma di riparare.
Questo diventa simbolo di una sua abitudine: quella di riparare le cose: è stata proprio questa voglia di riparare tutto che non gli ha permesso di rimanere indifferente davanti a quanto aveva scoperto e, in seguito, a denunciare.
L’orologio vuole anche lasciare un messaggio di ottimismo e di speranza, in quanto “anche un orologio rotto segna l’ora esatta due volte al giorno“.
PER CONCLUDERE
Ferrante è coinvolgente, appassionato, e porta per mano lo spettatore attraverso la vita di Francesco Marcone, tenendo alta l’attenzione, utilizzando metafore, analogie e riferimenti che, nel corso dell’opera, trovano tutti una risposta.
Con questo spettacolo, Franco Ferrante e Lidia Bucci riescono a rendere omaggio a Marcone, trattandone la vita con cura e ammirazione, e facendo in modo così di raccontare una “storia che non avrà mai fine”.