Jersey Boys racconta la storia dei Four Season e della carriera da solista di Franckie Valli a favore di quell’amicizia
Jersey Boys è uno dei miei musical preferiti. Lo so, è un musical jukebox, le musiche sono di Bob Gaudio, testi di Bob Crewe, che ritroviamo anche come personaggi in scena e libretto di Marshall Brickman e Rick Elice.
Quando l’ho visto a teatro, una produzione del Teatro Nuovo di Milano, nel 2016, per la regia di Claudio Insegno e le coreografie di Valeriano Longoni, ciò che mi ha appassionato di più è stata la storia dei singoli personaggi.
Jersey Boys racconta la storia dei Four Season e del cantante Frankie Valli, una storia vera che forse in Italia è poco nota. Conosciamo i Beatles e i Rolling Stone, ma forse i Four Season meno.
Le stagioni di questo gruppo degli anni ’60, sono rappresentate come piccoli “quadri” che si illuminano in modo corale e singolo, facendo emergere le vicende di ciascuno. I membri della band raccontano ognuno la propria versione dei fatti, di come sono andate davvero le cose per ciascuno di loro.
Quattro amici, che provengono dal New Jersey, si trovano ad inseguire un sogno che è quello di fare musica. Quattro vite, quattro modi diversi di viverle. Quattro stagioni.
Il musical ha esordito a Broadway nel 2005, poi ha girato per gli Stati Uniti e ovviamente nel West End di Londra per poi approdare in diverse città del mondo. Jersey Boys ha vinto 4 Tony Award nel 2006 incluso Miglior musical, e il Laurence Olivier Award nel 2009.
Anche in Italia ha vinto due premi agli Italian Music Awards: miglior spettacolo nuovo e miglior attore protagonista ad Alex Mastromarino (che interpretava Frankie Valli). La produzione italiana ha organizzato anche un periodo di repliche a Parigi, dove lo spettacolo, interamente in italiano con i sottotitoli in francese, ha avuto un riscontro molto positivo da parte del pubblico e di critica.
Nell’attesa di rivedere prima o poi ancora la storia a teatro, esiste il film del 2014 diretto da Clint Eastwood, basato sull’omonimo musical di Marshall Brickman e Rick Elice e la sceneggiatura di John Logan.
Ma cosa piace di più di questa storia?
Forse l’ascesa del gruppo, quei sogni impossibili che diventano realtà. Le umili condizioni di partenza che, con la determinazione e la fatica, si trasformano in successo. Gli incontri fortunati che possono cambiare la vita e come ciascuna esistenza possa restare salda a principi e valori anziché trovare una via più facile che implica il compromesso e l’illegalità.
Credo che sia questo che affascina: nella band i tratti dei personaggi sono ben delineati. C’è chi si trova a vivere il successo ma sempre nell’ombra perché non è il front man del gruppo, chi si trova invischiato nella malavita e chi, come Frankie, resta aggrappato a quel legame indissolubile che è l’amicizia. Soprattutto cosa l’amicizia gli ha portato.
Del gruppo, Tommy DeVito, è morto a Las Vegas all’età di 92 anni dopo aver contratto il Covid-19 nel settembre scorso. La sua morte era stata annunciata su Facebook da Frankie Valli e Bob Gaudio: “Mancherà a tutti coloro che lo amavano”. Nel 1970 aveva lasciato il gruppo dicendo che era stanco di fare tour.
Anche Nick Massi voleva un gruppo tutto suo, come ci ricorda con un sorriso il suo personaggio: “Se ci sono quattro ragazzi e tu sei Ringo Star…meglio passare del tempo coi miei figli!”
Ambizioni e vite che si incrociano con quella di Frankie Valli che proseguirà da solo e non per desiderio personale: terrà le fila di quella storia e di quella musica. Sempre. Il legame tangibile di quel gruppo che si è sciolto resta, ancora oggi, Bob Gaudio che continuerà a scrivergli le canzoni.
Oggi Frankie Valli ha 86 anni e se lo nominate in Italia, solo pochi appassionati di musica o di musical conoscono la sua storia. Eppure quei ragazzi, dalle strade del New Jersey sono diventati delle celebrità negli anni Sessanta.
I loro singoli, “Sherry”, “Rag doll”, “Let’s hang on!” hanno scalato le classifiche e venduto oltre 100 milioni di dischi. Da solista Frankie Valli ha portato al successo “My eyes adored you” e “Can’t take my eyes off you”: una canzone famosissima a cui nessuno all’inizio voleva dar credito e che è stata cantata, interpretata, ripresa, fra gli altri, da Gloria Gaynor e dai Pet Shop Boys in medley con “Where the streets have no name” degli U2.
Siete sicuri di non conoscerla? Guardate il video qui sotto.
Sarah Pellizzari Rabolini
Le Chicche di Caffè tornano venerdì.