La prima delle bambole spezzate che si aprono come una Matrioska per fare emergere una nuova storia è una bambina ucraina, Eva (Camilla Paoletti). Questo è anche il personaggio che ci introduce alla metafora che ruota intorno al titolo: la bambina sta giocando con una matrioska quando arriva un ragazzo che le propone di far salire la sua bambola sulla sua barchetta di carta e poi la molesta. La matrioska si perderà sul fondo del fiume ed Eva imparerà, o le sembrerà di imparare, a non fidarsi degli uomini.
Lo spettacolo della Compagnia Lo Stormo si preannuncia come una rete soffocante di rapporti umani marci: si alternano un padre abusante, Alfio, e il tentativo vano di recuperare l’affetto delle due figlie; delle sex worker che fingono di credere all’amore violento del proprietario del loro nightclub; uno stagista costretto a denunciare il collega da un superiore arrogante…
Colore locale?
In questo impasto tragico a fare da legante troviamo un uso strutturale degli accenti stranieri e regionali. Nel nightclub si alternano accento ucraino e colombiano, mentre il proprietario del locale è caratterizzato come campano e il manager dell’azienda dove lavora Alfio è milanese.
Questa impostazione oltre a perpetrare alcuni stereotipi, non senza trovare un riscontro nelle risate del pubblico, rischia di ancorare una riflessione sui rapporti umani abusanti a determinate categorie di persone, perdendo l’opportunità di rendere il tema più universale e, soprattutto, meno distante dalla quotidianità del pubblico che tendenzialmente siede sulle poltrone di un teatro.
Intravedere sulla scena l’evoluzione del lavoro
I dodici attori che popolano il palco sono giovani neodiplomati all’Accademia Stap Brancaccio (lo spettacolo è prodotto da Viola Produzioni ) ed è proprio tra le mura della scuola che nasce l’idea. In particolare l’ispirazione si accende durante un’esercitazione in grammelot (fattore che fa meglio comprendere l’origine degli accenti) che si è poi evoluta nella stesura di un testo dietro la guida del docente e regista Giampiero Rappa.
L’esito dimostra la grande consapevolezza con cui i personaggi sono stati cuciti addosso agli interpreti, valorizzandone le doti attoriali di caratteristi (una menzione speciale va a Saverio Barbiero, Matteo Esposito e Raffaele Elmetto) o la capacità di guidare il pubblico alla scoperta di un personaggio dalle sfumature più profonde e commoventi. Così Giacinta Pittaluga ci fa pian piano scorgere la dolcezza e la malinconia dietro l’esuberanza e Fabiana Pesce lascia trapelare l’inquietudine dietro la durezza.
Dietro un lavoro professionale di precisione e con un ritmo che non permette allo spettatore di sganciarsi dall’evolversi della storia, si intravedono tuttavia ancora alcuni tratti che legano questo lavoro alla sua genesi accademica.
A tratti si ha l’impressione che alcuni personaggi siano stati inseriti nella trama per coinvolgere tutti i membri di una classe, ma questo elemento riesce a scivolare in secondo piano grazie a una narrazione frammentata che permette di giustificare la presenza di personaggi marginali.
Il pubblico rischia di rimanere però confuso davanti a una scena familiare in cui Alfio è affiancato da due figlie che hanno la sua stessa età scenica. Sebbene l’interprete Alberto Gandolfo dimostri una grande padronanza del proprio corpo e della propria voce, coinvolgendo lo spettatore nella sua tempesta emotiva del personaggio e nella sua drammatica involuzione, il turbamento provocato nella platea nelle scene degli abusi e dell’assassinio finale sarebbe stato indiscutibilmente più profondo davanti a una maggiore differenza d’età tra padre e figlia/sex worker.
Fiducia
La conclusione riesce ad ogni modo a imprimersi nella mente del pubblico e a riunire tutti i fili della storia, lanciati sin dall’inizio allo spettatore e che solo alla fine si riuniscono in uno stretto nodo alla gola che ha il sapore dell’inevitabilità delle cose. E mentre la Compagnia lo Stormo invita a non fidarsi dell’essere umano, più che “degli uomini”, ci convince a dargli fiducia e a tenerla d’occhio nei suoi prossimi lavori per assistere all’esplosione del suo potenziale.
Debora Troiani