La vita che ti diedi
di Luigi Pirandello
regia Stéphane Braunschweig
con Daria Deflorian, Federica Fracassi, Cecilia Bertozzi, Fulvio Pepe, Enrica Origo, Caterina Tieghi, Fabrizio Costella
scene Stéphane Braunschweig in collaborazione con Lisetta Buccellato
costumi Lisetta Buccellato
luci Marion Hewlett
suono Filippo Conti
assistente regia Giulia Odetto
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
durata 1 h e 35 minuti
Stéphane Braunschweig, tra i principali registi del panorama teatrale contemporaneo e direttore artistico dell’Odéon – Théâtre de l’Europe di Parigi, approfondisce il legame con la scrittura di Luigi Pirandello: dopo i successi internazionali di Sei personaggi in cerca d’autore, I giganti della montagna, Vestire gli ignudi e Come tu mi vuoi, dirige La vita che ti diedi, in scena al Teatro Arena del Sole di Bologna dal 9 al 12 maggio, dopo il debutto a Torino lo scorso 9 aprile.
Prodotto dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e da Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, lo spettacolo si avvale di un cast tutto italiano composto da Daria Deflorian, Federica Fracassi, Cecilia Bertozzi, Fulvio Pepe, Enrica Origo, Caterina Tieghi, Fabrizio Costella.
Le scene sono di Stéphane Braunschweig in collaborazione con Lisetta Buccellato, i costumi di Lisetta Buccellato, le luci di Marion Hewlett, il suono di Filippo Conti, assistente alla regia Giulia Odetto.
Scritta nel 1923, è la tragedia più struggente del grande drammaturgo siciliano sul tema della maternità e del lutto. L’opera concepita da Pirandello per Eleonora Duse non venne mai recitata dall’attrice, e venne rappresentata per la prima volta al Teatro Quirino di Roma il 12 ottobre 1923 da Alda Borelli.
La vita che ti diedi, ovvero il teatro per affrontare la vita.
Scritto nel 1923, La vita che ti diedi è senza dubbio uno dei testi teatrali in tre atti più brevi di Luigi Pirandello. È anche uno dei pochi che lo stesso autore abbia definito “una tragedia”. È anticipato da tre novelle scritte tra il 1914 e il 1916.
Ne I pensionati della memoria, Pirandello si interroga sul rapporto tra i vivi e i morti, e formula forse per la prima volta, l’idea disturbante che quando si piange la perdita di una persona cara, non è la persona amata che si sta piangendo: «Voi piangete perché il morto, lui, non può più dare a voi una realtà».
In Colloqui coi personaggi, scritto subito dopo la morte della madre, Pirandello esplora la stessa idea in un lungo e struggente dialogo con la defunta: «Ora che tu sei morta, io non dico che non sei più viva per me; tu sei viva, viva com’eri, con la stessa realtà che per tanti anni t’ho data da lontano, pensandoti, senza vedere il tuo corpo, e viva sempre sarai finché io sarò vivo; ma vedi? è questo, è questo, che io, ora, non sono più vivo, e non sarò vivo per te mai più!».
Sconvolto dalla carneficina della Grande Guerra e angosciato dall’idea di perdere i figli al fronte, Pirandello scrive La camera in attesa: la madre e le sorelle di un soldato scomparso, non avendo la prova certa della sua morte, continuano a preparargli la camera in attesa del suo ritorno. E ai vicini che deridono la famiglia per il suo bisogno di illudersi e il rifiuto di elaborare il lutto, Pirandello risponde azzardando un’altra idea disturbante: i vostri figli che sono andati a studiare in città, li riconoscete? Non sono forse morti per voi? «La verità è che voi non riconoscete nel vostro figliuolo o nella vostra figliuola, ritornati dopo un anno, quella stessa realtà che davate loro prima che partissero. Non c’è più, è morta quella realtà. Eppure voi non vi vestite di nero per questa morte e non piangete…». Il rifiuto del lutto quindi è legato all’idea che, forse, la morte definitiva del corpo non sia nulla rispetto a quella morte lenta che costituisce la vita stessa nelle sue metamorfosi, la progressiva e ineluttabile scomparsa del bambino che eravamo per nostra madre.
La vita che ti diedi riprende alcuni degli elementi principali di questa novella, sviluppandone il tema su un registro ancora più radicale.
Come può una madre sopravvivere alla morte del figlio? si chiede Pirandello. Semplicemente affermando che non è morto. O, più esattamente, fingendo che sia ancora vivo. Perché Donn’Anna Luna, a differenza della madre de La camera in attesa, ha assistito all’agonia del proprio figlio, e quindi non può prendere a pretesto l’incertezza della sua morte. Osservandola non si può dire che la donna stia negando i fatti: decide del tutto consapevolmente di continuare la sua vita come se il figlio non fosse morto.
Si affretta a far rimuovere il corpo, senza nemmeno prendersi il tempo di vestirlo, finisce di scrivere in sua vece una lettera all’innamorata, a cui nasconde la sua morte quando quest’ultima decide di andare a trovarlo. Donn’Anna Luna trasforma la sua casa in un teatro dove il protagonista è assente, assente ma fin troppo vivo.
Nell’opera di Pirandello, la realtà della vita appare spesso come uno scandalo insuperabile, che il teatro o la follia hanno lo scopo di trasfigurare. Nel mondo immaginario del gioco teatrale o in quello parallelo della follia si può evadere, elevarsi, far vivere i morti e sfuggire alla logica paradossalmente mortifera della vita.
In Pirandello, teatro e follia sono legati. Spesso i grandi personaggi pirandelliani sembrano pazzi a chi li circonda, ma, contrariamente ai veri pazzi, la loro è una pazzia voluta, la pazzia di chi vuole essere come i pazzi, e, al pari loro, rifiuta i limiti di una realtà ridotta alla sola verità dei fatti.
Donn’Anna sembra pazza, eppure c’è da chiedersi se non sia lei ad avere ragione – ragione contro la ragione. Pirandello fa vacillare le nostre certezze, i nostri preconcetti: malgrado sappia che la realtà finirà per mettere fine all’illusione, ci fa capire quanto abbiamo bisogno di illusioni – ma di illusioni coscienti e non delle menzogne che ci raccontiamo – per restare in piedi. Quanto abbiamo bisogno di teatro per affrontare la vita.
Da questo punto di vista, La vita che ti diedi uguaglia i grandi capolavori di Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, Come tu mi vuoi e I Giganti della montagna, ma nella forma compatta di una favola che va all’essenziale, avvolgendosi nell’aura di una poesia miracolosa.
Stéphane Braunschweig
PERSONAGGI E INTERPRETI
In ordine di apparizione
Donna Fiorina – Federica Fracassi
Don Giorgio – Fulvio Pepe
Elisabetta – Enrica Origo
Donn’Anna Luna – Daria Deflorian
Giovanni, il giardiniere – Fulvio Pepe
Lida – Caterina Tieghi
Flavio – Fabrizio Costella
Lucia Maubel – Cecilia Bertozzi
Francesca Noretti – Federica Fracassi
La replica di domenica 12 maggio è sovratitolata, grazie alla collaborazione con FIADDA Emilia-Romagna, Associazione di persone sorde e famiglie.
Teatro Arena del Sole, via Indipendenza 44 – Bologna
Prezzi dei biglietti: da 7 € a 27 €
Biglietteria: dal martedì al sabato dalle ore 11.00 alle 14.00 e dalle 16.30 alle 19.00
Tel. 051 2910910 – biglietteria@arenadelsole.it | bologna.emiliaromagnateatro.com