“Mamma mia”: quel film che riunì gli ABBA

“Mamma mia”: un jukebox musical tutto zucchero

Difficile essere vissuti negli anni 70 e non aver sentito nominare, almeno una volta, il nome “ABBA”.

ABBA è il nome di un gruppo svedese pop composto da quattro membri e attivo per circa dieci anni, tra 1972 e 1982. Nonostante il breve periodo di attività si sono lasciati alle spalle un’enorme quantità di hit memorabili, come “Waterloo”, “Knowing me knowing you”, “Dancing Queen” e “Mamma mia”. è da questo brano nello specifico che prende il nome il musical del 1999 della drammaturga inglese Catherine Johnson.

Trattasi di un “jukebox musical”, ovvero un musical basato su canzoni pre esistenti. Alla stessa formula si rifanno musical come “We will rock you“, contenente brani del gruppo Queen, e “Lazarus”, tutto basato sui successi di David Bowie.

“Mamma mia” parla di una giovane donna, Sophie, cresciuta dalla madre single Donna sull’isola greca immaginaria di Kalokairi. Alla vigilia del suo matrimonio Sophie manda una lettera agli uomini con cui sua madre è stata nell’estate in cui l’ha concepita. Questo crea una serie di situazioni da commedia degli equivoci tra Donna, le sue amiche Tanya e Rosie, Sophie, il suo promesso sposo e i tre possibili padri, Bill, Harry e Sam.

Il musical aprì nel West End al Prince Edward Theatre. Attraverso una serie di trasferimenti in diversi teatri lo spettacolo è rimasto in scena a londra fino ad oggi. A Broadway lo spettacolo è rimasto dal 2001 al 2015.

“Mamma mia” ha avuto un enorme successo, anche a causa della presenza di canzoni note a tutti e la possibilità, in molti casi, di partecipare col canto e col ballo. Questo successo ha portato a una serie di tour in diverse città del mondo.

In Italia il successo non è stato minore: lo show è andato in scena diverse volte a partire dal 2009. L’ultima produzione è stata quella diretta da Massimo Romeo Piparo, conclusasi nel 2019 dopo due stagioni in scena. Interpreti dei tre padri Luca Ward, Paolo Conticini e Sergio Muniz.

mamma mia
Foto di Antonio Agostini

Dal musical è stato tratto un film nel 2008, diretto dalla regista Phyllida Lloyd che si era occupata anche della regia teatrale nel 1999.

Il film vanta un cast stellare, ricco di volti noti: Meryl Streep, tre volte premio Oscar, nella parte della frizzante Donna e Amanda Seyfried (“Mean Girls”, “Jennifer’s Body”, “Mank”) in quella di sua figlia Sophie. Amanda Seyfriend tornerà poi ad interpretare un film tratto da un musical nel 2012, con “Les Miserables”. I tre spasimanti di Donna hanno il volto di Pierce Brosnan (interprete in quattro film dell’agente 007), Colin Firth (“Il diario di Bridget Jones”, “Il discorso del re”) e Stellan Skarsgård (“Pirati dei Caraibi”, “Chernobyl”).

Completano il cast Julie Walters e Christine Baranski (che molti di noi giovani ricordiamo per “The Big Bang Theory”) nei ruoli delle amiche di Donna e Dominic Cooper nella parte di Sky.

la pellicola fu filmata in gran parte sull’isola greca di Skopelos. In Grecia il film ebbe enorme successo, schizzando al primo posto del box office nel primo weekend di programmazione.

Particolarmente attenzione ottenne la premiere svedese perché si presentarono tutti e quattro i membri del gruppo ABBA. Dal 1986 era stato impossibile fotografarli tutti insieme.

La modifica più sostanziale rispetto alla trama del musical è l’inserimento, nel film, delle figure delle due amiche di Sophie. Questi due personaggi servono come pretesto per raccontare al pubblico ignaro dei fatti ciò che sta succedendo all’inizio del film. Peccato che esauriscano in fretta la loro funzione, trascinandosi per il resto della pellicola con apparizioni sporadiche.

Rispetto al musical originale mancano molte canzoni degli ABBA inserite nello spettacolo. Questo ovviamente porta ad alcune necessarie modifiche nella trama. Manca l’incubo che Sophie fa all’inizio del secondo atto, sulle note di “Under Attack”, il confronto tra Sophie e Sky prima del loro matrimonio è ridotto ad una scena di dialogo, mentre nel musical il ragazzo intonava “Knowing me, Knowing you“. Il film, con una ventina di canzoni che si susseguono in 108 minuti, appare già abbastanza “pieno”, quindi la scelta di tagliare alcuni pezzi risulta giustificata.

Alcuni brani sono invece stati spostati.

La modifica più sostanziale è probabilmente quella nel finale. Dopo l’esecuzione di “I Do, I Do, I Do, I Do, I Do” non solo è inserita una canzone non presente nello spettacolo, “When all is said and done”, ma segue anche “Take a chance on me” in cui due dei personaggi si confessano reciproco amore. Questo numero nel musical si svolgeva prima del matrimonio di Sky e Sophie. Probabilmente si è scelta questa strada perché questo momento così allegro sarebbe dovuto seguire a “The winner takes it all”, uno dei brani più drammatici dello show.

“Our last summer” nel musical era cantata da Harry e Donna, nel film invece diventa un momento di legame tra Sophie e i suoi tre “padri”. Un cambiamento gradito, visto che dà vita a uno dei momenti più sinceri e carichi emotivamente della pellicola.

Fino al 2017 il film è stato il musical col maggiore incasso della storia, fino all’uscita del remake live action de “La bella e la bestia”. Lo stesso anno ha perso un altro primato, ovvero quello del film diretto da una regista donna col maggiore incasso della storia. è stato infatti superato dal film “Wonder Woman”, diretto da Patty Jenkins.
(https://www.mymovies.it/film/2008/mammamia/poster/)

A livello critico il film non è particolarmente apprezzato. Al contrario il pubblico ha generalmente apprezzato la pellicola, che col tempo si è guadagnato una specie di piccolo status di culto. Un successo sufficiente a portare all’uscita di un sequel nel 2018 con lo stesso cast e l’appropriato titolo “Mamma mia! Here we go again”.

Dunque… Chi ha ragione? I critici o il pubblico? “Mamma mia!” è un film dotato di più difetti che pregi o un piccolo gioiellino meritevole dell’amore dei fan? Beh… Immagino dipenda da quello che volete vedere.

Se cercate un film con personaggi tridimensionali, ottime performance vocali, una regia immacolata, coreografie complesse e una storia ricca… Probabilmente “Mamma mia!” non fa per voi. Se cercate un film leggero con cui passare il tempo, con attori rinomati, un’ottima colonna sonora, colorato e allegro, con un finale esageratamente lieto, allora “Mamma mia!” è il film che fa per voi.

Il susseguirsi continuo di canzoni lascia poco spazio ai personaggi per respirare. Diventa chiaro ben presto quello che è lo scopo principale e il maggiore difetto dei jukebox musical, ovvero la costruzione della storia è unicamente subordinata all’inserimento di quante più canzoni possibili. Canzoni pre esistenti che difficilmente, in questo caso, servono a far progredire la caratterizzazione dei personaggi. La maggior parte dei numeri sono dedicati a scene corali, di danza e spettacolo. E il poco tempo che rimane escludendo le canzoni è troppo poco per entrare nella psiche dei protagonisti.

Per caratterizzazione del personaggio spicca certamente Meryl Streep, che dà vita ai numeri più drammatici, come “Slipping Through My Fingers” o “The Winner takes it all”.

La sua performance canora, tuttavia, non è certamente all’altezza delle sue successive in “Into the woods” e “The Prom“. Tuttavia sopperisce con le sue doti di incredibile attrice, capace di ottenere il meglio da qualsiasi copione.

In generale tutti gli attori, comunque, sono poco incisivi dal punto di vista canoro. Di certo il più incriminato è Pierce Brosnan, a cui non per nulla nel sequel non sono state date importanti parti da solista. Probabilmente le migliori performance canore, oltre a quella della Streep, sono quelle di Amanda Seyfriend e Christine Baranski.

Uno dei grandi pregi di questo film è certamente il comparto delle bellissime location. L’ambientazione greca offre una grande varietà di ambienti meravigliosi, tra il mare azzurro e le altitudini rocciose. La fotografia colorata si adatta bene a questo mondo dalla palette naturalmente luminosa e ricca.

Il film è ricco di scene di massa, con numeri che coinvolgono moltissime comparse. Le coreografie non sono particolarmente complesse, per cui la regista compensa sfruttando bene le masse e i movimenti di camera. Con movimenti ampi ci fa credere che stia succedendo più di quanto non stia effettivamente accadendo.

Ma questi elementi tendenzialmente positivi non sono bastati a farmelo piacere, per una frivolezza di fondo che permea tutta la vicenda.

Una frivolezza che impedisce a me personalmente non solo di affezionarmi ai personaggi, ma anche e soprattutto di sentirmi presa dalla loro vicenda. Una frivolezza che tuttavia non deve impedire a spettatori meno cinici di me di godere della soundtrack, delle ambientazioni e dei numeri musicali.

Per cui se per qualche strano motivo voi lettori non avete mai visto questa pellicola vi consiglierei di darci un’occhiata per capire se si tratta del vostro tipo di film.

Ma chi sto prendendo in giro? è ovvio che l’avete già visto.

Silvia Strambi

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