“Passion”: per Sondheim l’amore non ha occhi

“Passion”, il musical tratto da un film di Ettore Scola

Un musical che ha origini tutte italiane, “Passion” di James Lapine e Stephen Sondheim. Alla base di quest’opera che nel 1994 vide collaborare i due artisti (l’uno per il libretto e la regia, l’altro per le musiche) ci sono un libro di Igino Ugo Tarchetti e un film di Ettore Scola. Il primo fu scritto nel 1869 e ad oggi è considerato un capolavoro del movimento letterario della Scapigliatura. Il secondo uscì nel 1981 e partecipò alla 34esima edizione del Festival di Cannes.

La storia, ambientata nel Risorgimento, rimane la stessa. Giorgio, un giovane militare, è innamorato di Clara, donna sposata. L’uomo deve trasferirsi in un piccolo villaggio per adempiere ai suoi doveri di soldato. Qui incontra la cugina del colonnello di stanza in quel luogo, Fosca. Questa, malata di diverse patologie non meglio specificate, è descritta come di estrema bruttezza. La malattia e il suo aspetto fisico non le impediscono, però, di innamorarsi del gentile Giorgio. Il soldato diventa senza volerlo oggetto del desiderio e dell’ossessione della donna.

Una storia che riunisce fisicamente nel personaggio di Fosca il concetto, antico come il mondo, di “amore-morte”, e che anticipa il tema dell’amore come portatore del consumo e della debilitazione del protagonista maschile. tema che poi esplorerà la corrente Decadentista e soprattutto D’Annunzio.
passion
https://en.wikipedia.org/wiki/Passion_(musical)

La vicenda, narrata nel libro “Fosca”, era autobiografica. Anche Tarchetti incontrò, durante un incarico militare, una donna malata di epilessia con cui intrecciò una passionale relazione. Lo stesso anno l’autore abbandonò la vita militare per problemi di salute. Morì prima di riuscire a completare il suo libro, stroncato dalla tisi. A portare a termine l’opera fu un suo amico, Salvatore Farina, che seguì gli appunti e le indicazioni dell’autore. Paradossalmente pare che l’amante che gli aveva ispirato la storia, che a detta del medico che la curava sarebbe morta a pochi mesi dal loro primo incontro, sopravvisse all’autore.

Il film di Scola tratto dal libro si chiama “Passione d’amore”. Ha per protagonisti Valeria D’Obici nel ruolo di Fosca, Bernard Giraudeau in quello di giovane Giorgio, e Laura Antonelli nella parte di Clara. In Italia il film non ebbe grande successo, risultando ad oggi uno dei meno conosciuti di Scola. Ottenne invece una certa attenzione in America e Francia.

Attenzione sufficiente ad attirare il compositore Stephen Sondheim, autore di “Sweeney Todd“. L’uomo visionò la pellicola nel 1983 e ne rimase profondamente colpito. decise che l’avrebbe adattata in forma musicale insieme a James Lapine, regista e librettista.

I due avevano già collaborato insieme per “Sunday in the Park with George” e “Into the Woods”, due musical che avevano ottenuto immenso successo di pubblico e critica. Il primo valse a Lapine il premio Pulitzer per la drammaturgia del 1985. Lapine e Sondheim adattarono il film di Scola in un atto unico. Fu così che così nel 1994 nacque “Passion”.

In origine il ruolo di Fosca era stato scritto con Patti LuPone in mente, ma l’attrice rifiutò preferendo partecipare a “Sunset Boulevard”. A questo punto subentrò al posto suo Donna Murphy, che fino ad allora aveva partecipato a tre produzioni teatrali in parti minori o nel ruolo di sostituta. Nei ruoli di Giorgio e Clara due attori che si stavano a loro volta affacciando nel mondo del teatro musicale: Jere Shea e Marin Mazzie. L’attrice è morta nel 2018 a seguito di una lunga battaglia contro il cancro alle ovaie, lasciandosi alle spalle un curriculum composito di ruoli drammatici e comici.

“Passion” aprì a Broadway e gran parte dei critici lo accolse con entusiasmo. Ai Tony Awards del 95 fu candidato a 10 premi, vincendone quattro, tra cui “miglior musical” e “miglior attrice protagonista” per Donna Murphy. L’attrice vinse anche un Drama Desk Award per l’interpretazione di Fosca, iniziando da quel momento un’attività fervente come attrice a teatro, al cinema e in TV. Il ruolo in cui probabilmente molti la ricorderanno è quello nel film “Rapunzel”, in cui la Murphy doppia l’antagonista, Madre Gothel.

Nonostante questo il pubblico non apprezzò “Passion”, tanto che il musical chiuse dopo sole 280 performance. AD OGGI È IL MUSICAL VINCITORE DEL TONY AWARD COME MIGLIOR MUSICAL AD AVER CHIUSO NEL MINOR TEMPO. Poco prima della chiusura fu filmato e trasmesso in TV, per poi essere rilasciato in DVD nel 2003.

A distanza di anni il musical, pur non godendo di grande fama tra i fan del genere, ha goduto di diverse produzioni. In particolar modo ricordiamo la messa in scena a Londra del 1996, con alcune differenze rispetto alla produzione originale (come la divisione in due atti). Nel 2005 è stato messo in scena un concerto al Lincoln Center con Michael Cerveris nella parte di Giorgio e Audra McDonald in quella di Clara. Patti LuPone interpreta il ruolo di Fosca, inizialmente pensato per lei.

In Italia “Passion” è andato in scena per la prima volta nel 2019. La prima è avvenuta al Teatro Poliziano di Montepulciano, durante la 44esima edizione del Cantiere Internazionale d’Arte. La regia era di Keith Warner, con direzione musicale di Roland Böer. Nella parte della protagonista Janie Dee, vincitrice di due Laurence Olivier Awards.

Foto di Michele Vino
Dunque, come è avvenuto il passaggio dal film al musical? E come è cambiata la storia nel passaggio da un medium all’altro?

Il musical in generale si mantiene abbastanza fedele alla struttura del film di Scola più che al libro di Tarchetti. Nel libro ad esempio non conosciamo il nome completo di Giorgio. Nel musical viene appellato col cognome “Bachetti”, inventato di sana pianta per il film. Tuttavia l’opera di Sondheim riporta l’azione in Lombardia, com’era nel libro. Il film era ambientato invece in Piemonte.

Oltre a ciò ci si concentra di più sulla relazione tra Clara e Giorgio in “Passion”. Nella versione cinematografica l’amante del protagonista appare infatti solo in poche scene. Nel musical invece non solo l’uomo la cita spesso, ma appare anche in diverse scene come interlocutrice immaginata da Giorgio.

L’opera teatrale si apre con una scena che ai tempi causò una certa impressione, che vedeva i due amanti nudi a letto. In generale il musical di Sondheim sembra concentrarsi maggiormente sull’elemento erotico. Nel commento alla versione televisiva il compositore afferma che inizialmente voleva aprire e chiudere il musical con l’orgasmo di Giorgio e quello di Fosca. L’amore si descrive e consuma in termini di rapporto fisico, specialmente tra Clara e Giorgio. A questa concezione si oppone l’ossessione malsana e consumatrice di Fosca, che si realizza solamente nella mente della donna e nei dialoghi tra i due protagonisti.

Il film è inserito all’interno di una cornice narrativa rivelata solo alla fine, che parzialmente ricalca quella del libro: la storia viene raccontata dal protagonista a distanza di alcuni anni. Nel musical a scandire le varie fasi della vicenda sono una serie di lettere che si scambiano i protagonisti. Lettere che assumono un ruolo fondamentale nello svolgimento della storia.

Una delle grandi differenze tra film e musical sta poi certamente nella caratterizzazione del personaggio di Fosca. L’interpretazione di Valeria D’Obici dà vita, nel film, ad una figura ossessiva nella sua devozione, prona ad attacchi d’isterismo e gesti estremi. Una donna che bene ricalca la creatura letteraria di Tarchetti, che domina la scena con la sua bruttezza in opposizione con la bellezza e la prestanza fisica di Giorgio.

In “Passion” Donna Murphy interpreta un personaggio molto più contenuto nelle sue emozioni, apparentemente tanto debilitato da non riuscire neppure a dare vita a scoppi d’ira o d’isteria rivolti all’amato. Un esempio piuttosto eloquente è il confronto della scena alla stazione dei treni, qui sopra presente nella versione cinematografica. Nella versione teatrale Fosca si esibisce in uno dei numeri più famosi dell’opera, “Loving you”, senza dare vita ad eccessi violenti. La sua devozione è persistente ma accompagnata da una sorta di rassegnazione estrema, basata su una speranza che lei stessa percepisce come non avverabile.

Questo non le impedisce, comunque, di costringere il proprio amato, in diverse occasioni, a subire i suoi atti di “amore” e talora a compierne lui stesso. D’altronde Fosca dichiara apertamente, nella sua prima apparizione, di cibarsi di libri e di vivere in maniera vicaria attraverso essi. Le sue richieste e la violenza del suo sentimento sembrano essere mediati, così, dalle storie d’amore da lei lette.

Si viene a creare, anche grazie all’interpretazione pacata dell’attrice, che mette in evidenza la cultura e la fragilità della donna, una figura molto più simpatetica. Nonostante il suo sia un amore evidentemente malato e siamo attivamente spinti a riconoscere l’ambiguità di Fosca, Sondheim la rende una figura per cui è molto più facile provare simpatia. La sua malattia ci provoca compassione, la sua ossessione ci appare temprata da una dolce (per quanto eccessivamente martellante) attenzione nei confronti dell’amato, la descrizione della sua passione bruciante ci commuove perché enunciata dalla voce di Donna Murphy.

E non è solo lo spettatore a subire il “fascino” di questo immenso personaggio: lo stesso Giorgio si dimostra nel finale più prono ad abbandonarsi all’amore per la donna. Nel film la sua “resa” appare quasi mossa dalla rassegnazione, dalla volontà di dare gioia alla donna. Al contrario nel musical il protagonista sembra essere più persuaso dei propri sentimenti verso Fosca, ricordandola con evidente commozione nel finale.

Nell’adattare il film di Scola Sondheim riesce meglio del regista italiano nell’impresa che, a detta sua, l’aveva spinto ad approcciarsi all’opera: convincere lo spettatore dell’innamoramento di Giorgio nei confronti di Fosca. Lo spazio ristretto del palco e la concentrazione sulla psicologia dei personaggi, seguiti passo per passo nella loro vicenda, fanno esplodere il dramma in maniera molto più efficace. Tutto questo con una soundtrack che, pur non essendo probabilmente tra le più memorabili di Sondheim, si mantiene intima e vicina ai suoi protagonisti.

Verrebbe da chiedersi che cosa potrebbe pensare Tarchetti di questa riedizione della storia da lui raccontata. Davvero dal suo racconto sulla caduta morale e fisica di un uomo è stato tratto un musical come “Passion”, che pur virando su quei temi sembra più interessato a raccontare, banalmente, una storia d’amore? Probabilmente non ne sarebbe contento, ma credo che stia qui la bellezza dell’arte: gli anni passano, le correnti artistiche svaniscono, i testi si riadattano in base alla sensibilità dell’epoca. Alla base resta la stessa vicenda, e alla fine della visione è difficile, per noi spettatori, scrollarci di dosso questa storia, nel bene e nel male. E come Fosca scrive nella sua ultima lettera, “il mio amore vivrà in te”, in noi tutti che a questo amore abbiamo assistito.

Silvia Strambi

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