Possedere un palco a teatro indicava lo status di una famiglia, una finestra sulla società
Ereditare un palco? Eppure capita ancora oggi.
E’ affascinante la storia dei palchetti, le postazioni dove ancora oggi si può assistere ad uno spettacolo a teatro.
I teatri sono nati così. sono stati costruiti grazie al contributo di nobili famiglie che elargivano denaro per la costruzione dell’edificio e in cambio avevano un posto d’onore: il palchetto.
Il “balcone” era un piccolo salotto di proprietà su cui, tra l’altro, si pagavano le tasse. Una tradizione ancora in vigore tra le famiglie più ricche di una città e per questo, come bene immobile, ereditabile, vendibile o affittabile.
Lo sapevate?
I grandi teatri sono nati così, grazie alle associazioni di famiglie che hanno voluto la costruzione dell’edificio e si sono tenute per sé un piccolo salotto per assistere agli spettacoli. Come dire, che un’impresa edile costruisce un complesso residenziale e garantisce per sé, cioè per i propri soci, alcuni appartamenti.
Al pubblico, che non poteva pagare e ovviamente non aveva la possibilità di disporre di un palco, era destinata la platea. In piedi, non c’erano posti fissi a sedere, ma era concesso portarsi le sedie.
Oggi poltrona e poltronissima sono le più ambite e costose. Una volta invece, la platea era una sorta di spazio a disposizione per il pubblico meno abbiente, che aveva comunque il diritto di divertirsi.
Al termine degli spettacoli, via le sedie e al via le danze, i balli, le feste. E nel Ridotto dei teatri si giocava d’azzardo.
Proprio perché i palchetti erano di proprietà delle famiglie nobili e agiate della città, si narra che nel 1857 ad accogliere la principessa Sissi al Teatro alla Scala, in visita ufficiale con l’arciduca Francesco Giuseppe, c’erano soltanto servi e domestici. I nobili milanesi avevano disertato la serata: un segno chiaro e inequivocabile della loro protesta contro il governo austriaco che dominava Milano.
Un palco era uno status sociale: possederne uno alla Scala, ad esempio, significava far parte di una élite importante. Un palco costava quanto un appartamento nel centro di Parigi o di Vienna o una villa sul lago Maggiore.
Non a caso i proprietari dei palchi dei teatri milanesi erano i Litta, i Belgioioso, i Visconti: tutte nobili famiglie che contribuirono alla costruzione degli edifici e non si perdevano uno spettacolo.
Per ricostruire il Teatro Regio Ducale non solo vennero messi in vendita i palchi, ma vi fu una vera e propria lotteria che permise di raccogliere tanti soldi quasi dieci volte più del prezzo previsto per la costruzione stessa.
Si narra anche che il grande lampadario sormontato alla Scala, la famosa Lumiera fosse in realtà pensata per controllare alcuni palchi che potevano destare sospetti, quelli frequentati da Piero Maroncelli e Giovanni Berchet che a teatro, oltre ad assistere agli spettacoli, si trovavano per scambiarsi messaggi importanti di carattere politico e di natura segreta.
La storia dei proprietari dei palchi ci fa capire chi fossero le persone che frequentavano il teatro: i nobili, certo, ma anche intellettuali e patrioti, artisti, i borghesi e le donne.
Quando gli uomini si recavano nel foyer o nei ridotti dove si giocava alle carte, le signore nei palchi ricevevano visite. Era il luogo più adatto per sfoggiare abiti e gioielli.
Le donne si riunivano tra loro, ma soprattutto erano gli uomini a ospitare le amanti.
I palchetti erano alcove ideali per l’amore sussurrato nel buio.
Insomma il teatro era un luogo importante dove incontrare gli amici, stare insieme, combinare affari importanti e fare politica.
Il palchetto era un secondo salotto perché i proprietari erano liberi di arredarli come meglio credevano, ma dovevano pagarsi illuminazione e riscaldamento. Chi aveva gli ospiti più illustri, come Manzoni o Foscolo, assidui frequentatori del teatro, faceva in modo di mostrarli: il teatro era la piazza ideale per far conoscere la propria posizione sociale e le amicizie influenti.
Assistere ad una Prima teatrale era come partecipare all’evento più importante e noto della città. Nei giorni precedenti fervevano i preparativi e non si parlava d’altro.
Insomma per secoli il teatro non solo è stato il centro della vita, ma era un luogo “voluto”, costruito dalle persone note e colte che si assicuravano il loro posto nei palchetti che curavano e usavano come una seconda casa.
Un luogo dove il pubblico non solo assisteva allo spettacolo, ma faceva festa, parlava di politica e si nutriva di cultura, un luogo che dettava le mode, scatenava invidie e pettegolezzi, un luogo che generava idee e favoriva incontri.
E i palchetti, simbolo di quell’appartenenza al luogo, erano una finestra sul mondo: si osservava, si tessevano trame, si spettegolava, si chiacchierava e nascevano progetti, si amava… perché lì, a teatro, si consumava la vita.
Sarah Pellizzari Rabolini
Un grazie speciale a Francesco Micheli, direttore del Teatro Donizetti di Bergamo.
Le foto sono di Elena Simoncini che ringrazio di cuore.