Ricino al Teatro Litta di Milano

MTM Teatro Litta –  dal 6 all’11 febbraio 2024

Ricino

ricino

di Antonio Mocciola/ Pasquale Marrazzo 

con Diego Sommaripa, Antonio D’Avino, Vincenzo Coppola  

regia Pasquale Marrazzo

disegno Luci Emanuele Iovino

costumi Lucia La Polla

scene e suono Pasquale Marrazzo

grafica Andrea Cancelliere

foto di Scena Giovanna Marrazzo

produzione N.O.I FILM sas

La crudele persecuzione della popolazione omosessuale alla fine degli anni ’30 è al centro di Ricino.

In un’Italia che subiva, quasi senza rendersene conto, la deriva della democrazia. In assenza di leggi punitive, centinaia di “invertiti” venivano allontanati per anni dalla vita sociale, essendo ritenuti infettivi.

Ricino parla dell’abuso di potere e delle miserie deontologiche che spingono un regime a sottomettere minoranze, costringendole a negare la propria identità.

Nel grande affresco di un dramma di portata epocale, Pasquale Marrazzo ed Antonio Mocciola scelgono una traccia quotidiana, spicciola, persino familiare. Perché è dai piccoli dolori, dai troppi non detti, che nacque la repressione, autorizzata dal clero silente e da una società poco coesa.

Eppure, isolandoli, il Fascismo ha paradossalmente fatto sì che si creasse una coscienza di genere che prima nessuno aveva osato soltanto pensare.

ricino scena

In Italia, con le leggi razziali del 1938, il regime fascista stabilisce che gli uomini accusati di sessualità non conforme alla norma, gli invertiti, vengano isolati al confino sulle isole, che verranno dette sataniche: Tremiti, Ponza, le Egadi.

L’omosessualità maschile viene considerata un peccato, una vergogna, un atteggiamento perverso contro la morale comune, nonostante la definizione di omosessuale fosse piuttosto incerta, ponendo una differenza di valore e, quindi, di reato e di pena, tra l’omosessuale attivo e quello passivo.

Le leggi fasciste non definivano esattamente il reato di omosessualità, ponendolo tra quelli contro il costume e declinandolo ogni volta in maniera diversa a seconda delle necessità accusatorie. L’accusa di costumi sessuali deviati divenne anche un modo per porre al confino molti nemici del regime, cosicché sulle isole si ritrovarono omosessuali e prigionieri politici.

Quale omosessuale, almeno una volta nella vita, non è stato costretto a smentire il proprio essere per poter “sopravvivere”? 

La vergogna di essere quello che si è nasce dall’abuso per eccellenza, ed è il risultato di un percorso in cui la vittima si sottomette al pensiero dominante del carnefice.

ricino

Note di drammaturgia

Ricino parte da una storia d’amore passionale e carnale fra due giovani napoletani, Umberto e Vito, ambientata durante la seconda guerra mondiale, per poi approdare a una vera e propria odissea disumanizzante.

La crudele persecuzione della popolazione omosessuale da parte dei fascisti, alla fine degli anni ’30, in assenza di leggi, troverà il modo per recludere chi, secondo loro, commetteva atti contro natura.

Pasquale Marrazzo e Antonio Mocciola scelgono una traccia familiare per raccontare ciò che rimane di un amore quando il mondo ti è avverso, perché è proprio dai piccoli dolori, dai troppi non detti, che nascono le repressioni e di conseguenza nuove coscienze. Eppure, il fascismo, nel tentativo di isolare il genere ha, paradossalmente, fatto sì che si creasse una coscienza di genere, dando origine e vita alla comunità lgbtq+.

Antonio Mocciola /Pasquale Marrazzo

ricino header

Note di regia

“RICINO” nasce da un vecchio testo di Antonio Mocciola dal titolo “L’ISOLA DEGLI INVERTITI” e, quando nacque la possibilità di entrare a far parte del progetto sia come regista che come coautore mi preoccupai, innanzitutto, di ambientare la storia a Napoli e non in Sicilia com’era originariamente.

Poi, secondo il mio punto di vista, per creare un contrappunto a tanta crudeltà basata su fatti storici realmente accaduti, mi sembrava necessario plasmare una tenera e suggestiva storia d’amore fra due ragazzi.

Questo mi permetteva di spostare l’asse del racconto dall’originaria morbosità fra padre e figlio, inizialmente scritta da Antonio Mocciola, a qualcosa di più popolare, come l’urgenza della richiesta di passione.

Devo, in questo caso, ringraziare Antonio Mocciola per avermi lasciato campo libero e cambiare, quasi radicalmente, il testo rispetto alla sua versione iniziale.

Pasquale Marrazzo

QUI per informazioni e biglietti.

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