Nella giornata mondiale del Teatro, il Musical Theatre: A Chorus Line

Lunedì 27 marzo si è celebrata la Giornata Mondiale del Teatro, che si onora dal 1962. Tale data venne scelta in quanto giorno d’apertura della stagione del Teatro delle Nazioni di Parigi.

Da allora ogni anno, per l’occasione, una personalità di rilievo del mondo dello spettacolo, diffonde un messaggio di informazione e riflessione sul tema, ascoltato in ogni parte del globo.

Commemorazioni di questo tipo sono di estrema importanza, perchè oltre ad accrescere la conoscenza del settore, costituiscono un messaggio di umanità e di unione tra tutti coloro che hanno fatto dell’arte un lavoro, un credo, il loro credo. La giornata mondiale del Teatro ci ricorda che possediamo uno dei luoghi più preziosi in cui fare cultura.

Ci ricorda che abbiamo bisogno di bellezza, di una finzione vera, di un posto in cui la magia esiste. Ci riporta alla speranza di un’educazione di qualità, in cui, fin da piccoli, l’incanto dovrebbe essere di casa e il gusto per il sublime uno strumento ordinario.

Ed è di Teatro che parla proprio uno dei musical più celebri della storia: A Chorus Line.

Concepito, diretto e coreografato da Michael Bennet, andò in scena per la prima volta nel 1975 Off-Broadway, per poi diventare una delle colonne portanti del Musical Theater. A Chorus Line, è il teatro che parla di teatro. L’ambientazione è proprio una sede di audizione in cui un gruppo di giovani artisti arrivano per potersi aggiudicare il lavoro da loro sognato tramite una dura selezione. E così conosciamo I protagonisti, che con storie diverse, si raccontano. Dalla loro infanzia alle loro paure, dalle aspettative al bisogno di farcela, dalla determinazione al timore del fallimento. Non lontano da ciò che accade oggi tra le file fuori dai teatri nei giorni di audizione. Sogni, speranze, debolezze, giudizio. A Chorus line ci fa vedere esattamente il volto del prima, del forse, del come. È un musical tecnicamente complesso per i performers poichè non escono praticamente mai di scena e i numeri coreografati sono spesso accompagnanti da monologhi e canzoni. Una bella sfida certamente, ma nonostante ciò il pubblico riesce ad entrare empaticamente in contatto con l’attore. Tutti hanno un sogno, che sia ballare o meno. Rispecchiarsi nei personaggi e nelle loro storie diventa inevitabile, e nello stesso tempo, magico.

La scoperta di ciò che ci tocca davvero, di ciò che appassiona, di ciò che rivediamo, consiste nell’osservare attivamente. Nulla come il teatro si addice di più a questo. Metterci nei panni dell’altro non è più un atto metafisico ma diventa quasi tangibile. Andare a teatro è una forma d’amore per noi stessi, e per tutti gli altri noi stessi che ci abitano.

Autrice:

Claudia Martignetti

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