Il musical che ha previsto “La Maledizione dell’Erede”
“I sequel sono sempre peggio del primo film”. è un assunto universale su cui più o meno tutti sembrano essere d’accordo. Il primo film di una saga solitamente nasce da un sincero desiderio di fare arte, il secondo è spesso visto come riciclo del materiale di base per capitalizzare sul successo della pellicola precedente. Tuttavia, come per ogni cosa nella vita, ci sono alcune eccezioni alla regola: “Terminator 2”, “Aliens”, “Il Padrino-Parte 2″… E ovviamente, “A Very Potter Sequel”.
Un anno dopo il successo inaspettato di “A Very Potter Musical“, lo stesso team che l’aveva creato si esibì in un secondo spettacolo. Alla scrittura di musiche e testi di nuovo Darren Criss, libretto di Nick e Matt Lang e Brian Holden, con regia di Matt Lang. Molti dei membri del primo musical tornano a interpretare i personaggi portati in scena in “A very Potter Musical”, e molti altri se ne aggiungono.
La trama di questo spettacolo è, di nuovo, un insieme di eventi tratti dai romanzi della Rowling. Nello specifico i libri più saccheggiati sono stati “La Pietra Filosofale”, “Il prigioniero di Azkaban”, “L’Ordine della Fenice” e “I Doni della Morte”.
Lo spettacolo è ambientato dopo la conclusione del primo musical (e da qui in poi segnaliamo la presenza di spoiler da “A Very Potter Musical”). Voldemort è stato sconfitto, ma i suoi servi, i Mangiamorte, si organizzano tra loro, guidati da Lucius Malfoy (Tyler Brunsman). Il piano di Lucius è semplice: usare una Giratempo, un oggetto che permette di andare indietro nel tempo. Con questo l’uomo progetta di ritornare al primo anno di Harry Potter (Darren Criss) e ucciderlo prima che possa causare danni.
Una premessa che alcuni fan della saga riconosceranno come molto simile a quella dello spettacolo di Broadway “Harry Potter e la maledizione dell’erede“. Peccato che in quello spettacolo l’idea fosse presa con grande serietà. Al contrario in “A Very Potter Sequel” la natura scanzonata dell’intero lavoro permette di accettare il concetto ridicolo.
Dunque il dichiarato sequel è in realtà un prequel. seguiamo Harry nel suo primo anno ad Hogwarts, il primo incontro con Ron (Joey Richter) ed Hermione (Bonnie Gruesen), le prime scaramucce con Draco (Lauren Lopez) e il professor Piton (Joe Moses), le prime partite di Quidditch sotto la guida del professor Remus Lupin (brian Holden).
Ma nell’ombra si nasconde un nemico: il padrino di Harry e presunto assassino dei suoi genitori, Sirius Black (Nicholas Joseph Strauss-Matathia). Per preparare gli alunni si reca a Hogwarts, come capo della sicurezza, un’inviata del Ministero della Magia, Dolores Umbridge (Joe Walker). Dopo essere stata sedotta e abbandonata dal preside di Hogwarts, Silente (Dylan Saunders), la Umbridge promette di ottenere vendetta sul mago.
Nel frattempo forze dal futuro agiscono nell’ombra per uccidere Harry… E per salvarlo.
Insomma… Un grandissimo casino.
Di sicuro il primo grande vantaggio di questa produzione rispetto al suo predecessore è la qualità audio e video.
In quest’occasione gli Starkid avevano probabilmente previsto di mettere questo spettacolo su YouTube per un pubblico più ampio. Le riprese sono di maggiore qualità, le voci si sentono più nitidamente (anche se ancora più basse rispetto alla musica).
Resta invece la natura low budget, i costumi riciclati, le scenografie minimali (anche se più complesse rispetto a quelle di A Very Potter Musical), gli enormi pupazzi. Parte dello charme di questo spettacolo sta anche nella maniera in cui gli attori cercano di “coprire” le evidenti mancanze. Uno dei momenti più divertenti dello spettacolo è certamente quello in cui Ron cerca di staccare da una parete un poster di Taylor Lautner (che tempi magici gli anni 2000 parte 2) e, quando non ci riesce, commenta ridendo “è attaccato con la magia”. Nella scena successiva, teoricamente ambientata in un’altra stanza, Ron commenta “Wow, vedo che c’è un poster di Taylor Lautner anche qui”, a cui gli altri fanno eco dicendo “è ovunque”.
Si introducono nuovi elementi che arricchiscono questo universo. Ad esempio il Cappello Parlante e la Sciarpa dell’Orientamento Sessuale sono “interpretati” da due marionette, diventando a tutti gli effetti due personaggi nuovi e stranamente carismatici; si introduce il gioco del Quidditch, e si creano di conseguenze coreografie con le scope e gli oggetti di scena usati nelle partite; appare lo Specchio delle Brame, che mostra i desideri più profondi di ognuno; e, ovviamente, entra in gioco la famigerata Giratempo, uno degli oggetti magici più controversi creati dalla Rowling.
Il vantaggio di avere un sequel così particolare, che ci porta indietro nel tempo, è che abbiamo personaggi che già abbiamo imparato a conoscere e ad amare a cui ritornare.
Gli Starkid prendono molti dei loro, esasperandoli e trasformandoli in “running jokes”.
Ron, che nel musical precedente si cibava costantemente di generici snack, in questo spettacolo è in fissa con le Red Vines, presentate ogni volta come se venisse fatto uno spot. Cho Chang diventa la reginetta della scuola, antipatica e promiscua (cosa che dà vita ad alcune battute sgradevoli riguardanti i professori). Riguardo a Draco, che nel primo musical era profondamente infantile, scopriamo che porta ancora il pannolino perché ha paura di usare il water.
Con la sua interpretazione, Lauren Lopez sviluppa ancora di più questo personaggio, che brilla qui come brillava in “A very potter Musical”. Le sue movenze esasperate e le sue battute infantili sono indimenticabili.
La presenza di suo padre permette di analizzare il rapporto che ha con lui e la sua necessità di essere amato. Con queste premesse il personaggio subisce uno sviluppo molto positivo che ne “completa” la redenzione iniziata nel primo musical.
Anche ad Hermione viene dato più spazio e più dignità. Nel primo atto è ancora vittima del bullismo dei ragazzi a scuola (Harry compone per lei l’iconica “Hermione can’t draw“). Ma è lei stessa a rispondere alle provocazioni ribadendo la propria sicurezza in sé stessa in “The coolest girl“. Nella seconda parte dello spettacolo l’amicizia e la complicità con Ron e Harry è più evidente che mai, come anche la nascente storia d’amore col primo.
Anche ad Harry viene data più profondità: il musical ci ricorda che nel mondo degli umani il Prescelto è uno sfigato, e traccia l’inizio delle sue manie di protagonismo. Allo stesso tempo “To Have a Home” è una canzone piena di sentimento, in cui le abilità canore di Darren Criss possono spiccare, e che esprime molto bene il suo senso di sollievo nell’aver trovato un luogo da considerare casa propria.
con questo musical possiamo anche conoscere l’origine di alcuni degli eventi che vediamo nel primo spettacolo. Ad esempio, vi siete mai chiesti da dove venga la fascia che Ron indossa sulla testa? No? Beh, in questo musical lo scoprirete che lo vogliate o no!
Oltre al ritorno dei vecchi personaggi, “A Very Potter Sequel” ne introduce di nuovi. Particolarmente divertente è l’interpretazione di Brian Holden del professor Lupin.
Nella saga originale Lupin era uno dei personaggi più affettuosi e saggi legati al protagonista. In questa versione al contrario è un alcolista sboccato e profondamente inappropriato con i suoi allievi. Oltre a ciò come al solito gli Starkid non vanno sul leggero: è subito evidente che lui è un lupo mannaro, il che rende ancora più divertente il fatto che nessuno dei personaggi principali se ne accorga.
Molto interessante il rapporto tra il professore e Piton: nella saga originale i due erano stati compagni di scuola e rivali. La Rowling aveva reso più maturi i personaggi di Sirius e Remus, facendo implicitamente parteggiare il lettore per i bulli. Al contrario, gli Starkid accentuano l’infantilità dei due nonostante ora siano cresciuti, facendoci capire quanto sia tossico il trattamento riversato a Piton.
Nonostante ciò anche a Piton non vengono fatti sconti. Trattando del suo amore per Lily Evans, la madre di Harry, gli Starkid ne riconoscono sì la tragicità, ma anche quanto la sua ossessione fosse (e sia) profondamente inquietante.
Lucius Malfoy e i suoi Mangiamorte sono un’aggiunta più che gradita. L’amore per le entrate drammatiche di Draco era solo un’anticipazione delle capacità di suo padre, che si muove nello spazio con aggraziati passi di danza ed elaborate coreografie messe in scena con i suoi sottoposti. La loro canzone di apertura, “Not over yet“, stabilisce benissimo l’atmosfera, creando aspettativa per ciò che accadrà.
Joe Walker in questo musical non ci grazia con la sua interpretazione di Voldemort, ma interpreta comunque il cattivo della vicenda, ovvero Dolores Umbridge. Con le sue capacità attoriali Walker riesce a creare un personaggio completamente nuovo, lavorando sulla sua voce e i suoi movimenti e creando modi di fare e di dire specifici a lei sola. La sua Umbridge è una donna sicura di sé, o almeno così vuol far credere: ha sviluppato la propria forza fisica in risposta alle pressioni della madre e alle prese in giro ricevute da bambina. In realtà i suoi istinti omicidi mascherano una natura molto più sentimentale, che esprime però attraverso una forte possessività. Un personaggio decisamente complesso il suo, che intimorisce ma fa anche pena, che cerca di essere materno ma finisce solo per fare paura.
Purtroppo le battute legate alla Umbridge (e a silente) sono anche quelle invecchiate peggio, soprattutto una alla fine dell’opera che risulta abbastanza di cattivo gusto. D’altronde, come ho già detto, questo musical moltiplica tutto ciò che già era presente nel primo spettacolo, comprese le battute che oggi considereremmo inaccettabili. Si tratta, anche in questo caso, di considerare se il tipo di umorismo volgare e nonsense degli starkid diverte, e se vale la pena sopportare alcune battute invecchiate male per un prodotto altrimenti valido.
Migliorata rispetto allo spettacolo precedente è anche la musica. Oltre ai brani da me citati sopra meritano sicuramente attenzione anche queste canzoni: “Guys like Potter” è un duetto tra Lucius e Piton, che ricapitolano la sua sfortunata vicenda amorosa con Lily e preparano la vendetta; “Stutter” ha un’impostazione orecchiabile resa ilare dalla voce di Joe Walker nei panni delle Umbridge; “No Way” è un inno motivazionale con un ottimo ritmo e ottime armonie; “Days of Summer” è la chiusura perfetta per la storia, con un testo propositivo e una melodia che rimanda al “Going back to Hogwarts” del primo musical.
Ma certamente la canzone più orecchiabile e più iconica di questo spettacolo è “Harry Freaking Potter”, che trovate qui sotto in un’esibizione live degli Starkid.
Per tirare le somme: pur ritenendo il primo musical più iconico non posso negare che “A Very Potter Sequel” sia più divertente, con sviluppo dei personaggi migliori, musiche più orecchiabili, una storia più complessa, e in generale di qualità migliore da un punto di vista tecnico. Per la seconda volta gli Starkid hanno compreso il senso della saga della Rowling e hanno creato un tributo che si ricollega perfettamente al proprio predecessore non copiandolo ma costruendo sulle sue fondamenta, come dovrebbe fare ogni buon sequel.
Ma tutte le cose belle devono giungere alla fine… e anche questa saga lo farà, col suo terzo e ultimo capitolo.
Ma questa è un’altra storia per un altro articolo.
Silvia Strambi