Il Teatro Bellotti – Bon di Cascina, ecco la sua storia.
Dovendolo descrivere con una sola e semplice metafora, l’antico Teatro Bellotti – Bon sarebbe senz’ombra di dubbio il classico libro giudicato male, a causa della brutta copertina che mette in cattiva luce la bellissima trama.
Infatti, se ormai è risaputo che giudicare senza conoscere non si confà ai dettami della buona educazione (tanto personale quanto artistica), dinanzi alle rovine di questo tempio dell’arte non si può fare a meno di strabuzzare gli occhi.
Nascosto tra le mura di un desolato blocco di cemento, il Teatro Bellotti – Bon sorge all’angolo tra via Genovesi sud e viale Comaschi, nel cuore del piccolo comune toscano di Cascina.
Impossibile restare ammaliati alla vista di pareti scrostate e serrande rugginose, così com’è impossibile meravigliarsi davanti a un panorama fatto solo di strade e parcheggi.
Risulta quasi automatico girarsi dall’altra parte, nell’esempio più tipico di urbanizzazione tossica.
Eppure, contrariamente a quanto ci si possa aspettare, le viscere di quell’anonimo obbrobrio cementizio nascondono i resti di un elegante gioiello Liberty.
Lasciato all’incuria da più di trent’anni, il vecchio Teatro Bellotti – Bon versa oggi in condizioni di grave abbandono.
Le mancate manutenzioni e la chiusura prolungata hanno resto disperate le sue condizioni di stabilità, tanto da rischiarne la scomparsa definitiva.
Grazie al reportage di due giovani urbexer cascinesi, la sua situazione è tornata alla ribalta e le autorità comunali hanno perciò deciso di avviare nuovi lavori per la messa in sicurezza.
Forse non basterà per rendergli giustizia. Forse, però, basterà a farlo sopravvivere.
Quella del Teatro Bellotti – Bon è la storia di un sogno infranto nel tempo e le sue spoglie ne sono il monito a perenne ricordo.
La fondazione del Teatro Bellotti – Bon risale al 1874, anno in cui la suggestiva opera dell’architetto Luigi Bellincioni aprì le porte al grande pubblico.
L’edificio deve il suo nome alla famiglia di artisti e imprenditori che ne commissionò la costruzione, i Bellotti – Bon.
Originari del Veneto, i suoi membri vantano tutt’ora parentele e discendenze illustri.
Tra i personaggi più altisonanti si ricordano Francesco Augusto Bon (drammaturgo goldoniano), Laura Bon (attrice drammatica nonché storica amante di re Vittorio Emanuele II di Savoia) e Luigi Bellotti – Bon (capocomico e patriota).
La famiglia assunse il cognome attuale quando Francesco Augusto Bon sposò Luigia Rizieri, vedova Bellotti, già madre di Luigi Bellotti divenuto Bon e solo successivamente della sua sorellastra Laura Bon.
Grandi promotori dell’arte teatrale italiana, i Bellotti – Bon calcarono i palchi più importanti dell’epoca e i loro spettacoli ottennero prestigiosi riconoscimenti in nazioni europee come il Belgio, la Francia e la neonata Germania.
Affinché la commedia italiana, di cui essi stessi erano esponenti di punta, ottenesse altrettanto plauso in patria, i Bellotti – Bon investirono molte risorse nella costituzione di nuove compagnie teatrali e strutture per ospitarle.
Tra queste, l’unica a vedere la luce fu proprio l’arena sorta a Cascina, divenuta poi un vero teatro.
La famiglia Bellotti – Bon affidò il progetto della sua nuova struttura a Luigi Bellincioni, architetto originario di Pontedera specializzato nella costruzione di campanili e teatri.
Ciò che ne derivò, all’inaugurazione avvenuta nel 1874, era un ibrido tra un’arena e un teatro tradizionale all’italiana. Una simile architettura, oggi, è identificabile come “teatro diurno”.
L’idea originaria, infatti, era creare uno spazio per rappresentazioni teatrali che funzionasse soltanto di giorno.
Essendo per metà all’aperto, infatti, la struttura non poteva ospitare spettacoli notturni.
La nuova Arena Bellotti – Bon, come fu chiamata a Cascina, riscosse un grandissimo successo di pubblico e le sue rassegne divennero tra le più seguite di tutto l’entroterra pisano.
Decisi a conservare per lungo tempo la sua ricchezza culturale, i Bellotti – Bon decisero di trasformare l’Arena in un vero e proprio teatro stabile, capace di offrire spettacoli e intrattenimento a tutte le ore del giorno e per tutto il corso dell’anno.
Nei primi anni del ventesimo secolo, l’architetto Bellincioni riprese in mano il progetto e nel 1915 l’Arena Bellotti – Bon fu nuovamente inaugurata col nome di “Teatro Nuovo”.
La nuova struttura che accolse il pubblico d’inizio Novecento si presentava come una tipica sala a ferro di cavallo, completamente al chiuso e conforme alla tradizione del teatro all’italiana.
Contava un totale di circa 300 posti, di cui almeno 200 erano dislocati in file ordinate tra la prima e la seconda sezione della platea.
Ai lati del palcoscenico troneggiavano 16 palchi suddivisi in due ordini, mentre posteriormente alla platea campeggiava una sobria galleria centrale.
Chiudeva la composizione il loggione, coi suoi tendaggi in velluto rosso.
Le dimensioni del palcoscenico toccavano i 9 metri di profondità e i 9 metri e mezzo di larghezza. A incorniciarli, un’elegantissima bocca di scena decorata ad affresco con motivi neoclassici.
Gli interni del Teatro Bellotti – Bon presentavano una singolare commistione tra l’arte neoclassica e lo stile Liberty, che non mancano di apparire in tutti gli angoli della sala.
Alle colonnine in ghisa dei palchi e alle decorazioni floreali, infatti, si affiancano colori marmorei e figure che rimandano ai puttini e alle statue greco-romane.
Inoltre, nella sontuosa finta volta che adorna il soffitto, l’affresco presenta un binomio costituito da colonne neoclassiche e guarnizioni arboree tipiche del Liberty.
Per assistere alle rappresentazioni, la gente poteva accedere da tre ingressi posti sulla facciata principale.
Tutti conducevano nell’atrio, dov’era posta la biglietteria, la porta d’accesso alla platea e le scale per raggiungere galleria, palchi e loggione.
Nel giro di poco, il Teatro Bellotti – Bon di Cascina divenne uno dei ritrovi d’eccellenza per tutta la provincia di Pisa.
Ospitò spettacoli d’opera lirica quanto di prosa, stagioni di concertistica e filodrammatiche.
Sul suo palcoscenico transitarono le più importanti compagnie teatrali d’Italia e la sua ricca offerta culturale contribuì ad intrattenere i cascinesi nei durissimi anni della Grande Guerra.
Dopo essere uscito indenne dal secondo conflitto mondiale, il Teatro Bellotti – Bon si avviò a una progressiva modernizzazione, la quale, tuttavia, si rivelò essere soltanto l’anticamera del declino.
A guerra appena conclusa, nel 1945, il tenore di fama internazionale Fausto Cavallini acquistò il teatro dalla famiglia Bellotti – Bon e ne divenne unico proprietario.
Da allora, la struttura conobbe un’altra serie di successi, grazie alla dotazione di un nuovo cinematografo che arricchì l’offerta culturale con serate cinema molto frequentate.
Qualche decennio più tardi, la famiglia Rossi – Gamba rilevò il teatro e lo gestì nella fase finale della sua vita produttiva.
Col passare degli anni, infatti, i costi di gestione divennero sempre più onerosi e per i privati divenne insostenibile tenere in attività una struttura di pubblico utilizzo.
Le rassegne teatrali ottenevano sempre meno consensi e l’apertura di spazi culturali più moderni a Cascina e dintorni distolse l’attenzione dalla storica sala nata sulle vestigia di un’arena all’aperto.
Così, nel pieno degli anni Ottanta, il Teatro Bellotti – Bon calò il suo sipario e chiuse i battenti per sempre. Con l’avvento del ventunesimo secolo, il Comune di Cascina decide di comprare lo stabile dalla famiglia Rossi – Gamba e sigla un affare da 258.000 euro.
Nonostante i progetti di ristrutturazione e possibile riapertura al pubblico, il Teatro Bellotti – Bon rimase completamente dimenticato e il susseguirsi di cedimenti strutturali lo resero preda di incuria e atti di vandalismo.
La pioggia penetrò negli interni e l’umidità sciolse in modo irreparabile parte delle decorazioni della volta, ancora oggi macchiate dai ristagni dell’acqua.
Stormi di piccioni si riversarono nella platea e i depositi di guano deturparono le poltroncine e i tendaggi in velluto.
Per evitare infiltrazioni esterne e nuove ruberie, le finestre furono murate su tutti i lati e il buio poté così avvolgere quel che restava del Bellotti – Bon
Oggi il Teatro Bellotti – Bon non è altro che una vecchia scatola vuota.
Strati di polvere, calcinacci e nugoli di ragnatele fanno da padroni, mentre Cascina prosegue imperterrita nel suo inarrestabile progresso.
Nel 2019, tuttavia, l’amministrazione comunale permise un reportage all’interno della struttura e le sue porte si riaprirono per la prima volta dopo più di trent’anni.
Una coppia di ragazzi cascinesi amanti dell’urbex documentò il suo stato di degrado attraverso testimonianze fotografiche pubblicate sul loro sito web, attivando un rinnovato interesse della comunità verso quel tempio dell’arte che servì il mondo culturale pisano per quasi due secoli.
A seguito delle crescenti pressioni della cittadinanza, nello stesso anno il Comune di Cascina stanziò un fondo da 4 milioni di euro per mettere in sicurezza lo stabile, il cui ultimo restauro risaliva al 1975.
Sempre nel 2019, poi, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali si è costituito partner per la salvaguardia del teatro.
Nel maggio 2020, infine, la giunta comunale ha deliberato ufficialmente per l’avvio dei lavori urgenti alla copertura, siglando un primo passo avanti.
Ormai è certo, il Teatro Bellotti – Bon non riaprirà mai le sue scene. O almeno, non lo farà per molto tempo ancora.
Nonostante ciò, questo libro bistrattato e mal giudicato conserva ancora tutte le sue trame. La copertina indegna che lo ha ricoperto nel tempo non ha zittito la bellezza delle sue storie.
Neppure i canti e le vite che al suo interno hanno diviso e condiviso tanto, più di quanto avessero da dare.
Giace solo e privato di sé stesso, l’antico teatro Bellotti – Bon. Ma il suo ricordo, nei cascinesi, è più vivo che mai.
Simone Bodini
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